Pubblicato il 11 settembre l’articolo N.74Una nuova rubrica sul sito
La pandemia covid ha rappresentato uno shock per le economie e le società di tutto il mondo, e per le loro relazioni, il cui equilibrio era tutt’altro che stabile quanto meno dal 2008. Questo nuovo contesto ha dato vita a un dibattito internazionale acceso e ricco di contenuti sulle prospettive dell’economia mondiale, e sull’opportunità che qualcosa o molto cambi affinché il benessere e la libertà fin qui conquistate siano garantite e possano risultare meglio distribuite tra chi vive oggi e vivrà domani. Essere consapevoli di questo dibattito è importante sia per aggiornare la cultura collettiva di chi insegna sia per dare spunti di grande attualità alla didattica.
In questa rubrica saranno riportati settimanalmente alcuni contributi – inevitabilmente pochissimi -, selezionati da fonti molto diverse come le istituzioni internazionali, ad esempio l’International Monetary Fund, o le riviste o i think-tank, o altro. Si tratterà di documenti ( o di loro parti ), o di brevi articoli o commenti. Questo materiale talvolta sarà riportato direttamente, ma il più delle volte di esso sarà indicato l’indirizzo su internet, dove sono recuperabili. I temi discussi sono soprattutto economici, ma non necessariamente. L’economia infatti è solo parte, per quanto importante, di quel complicato e mutevole disegno che è l’organizzazione internazionale dell’economia, della società e della politica. Gli scritti riportati hanno la comune caratteristica di essere stati elaborati da istituzione o da personaggi molto qualificati e autorevoli. Sono scritti per lo più in inglese, che è la lingua con cui ci si connette internazionalmente. Il loro linguaggio e contenuto saranno talvolta semplici e altre più complessi, ma non presenteranno mai difficoltà di tipo analitico ( ossia espressioni matematiche non elementari ).
Francesco Silva
La Brookings Institution è una prestigiosa Fondazione statunitense che produce ricerche, informazioni e dibattiti su temi di interesse collettivo: economia, società, politica, globalizzazione, ambiente, etc.Il brevissimo documento qui indicato propone un’interessante “griglia” che permette di incrociare i dati relativi alla quantità pro capite di CO2 prodotta e il livello del reddito pro capite. Tale griglia permette di individuare quali sono i paesi decisivi nella prossima battaglia contro il surriscaldamento. Sono quelli a reddito procapite medio, che hanno un maggiore potenziale di crescita,e di produzione incrementale di CO2. I due casi più significativi sono l’India e la Cina. Attualmente i paesi che producono più CO2 sono comunque alcuni paesi ad alto reddito pro capite, e in particolare Stati Uniti, Arabia Sauduta e Australia.
Articolo 73
L’articolo qui allegato scritto da L. Bellodi, M.Morelli, M.Vannoni ( Università Bocconi e King’s College London ) espone il metodo e i risultati di una loro ricerca di Political Economy. In essa si esamina come la politica, intesa come natura politica del decisore pubblico, possa incidere sulle scelte di politica economica, con determinati esiti economici. Più nello specifico l’articolo individua una serie di scelte di politica economica locale riguardanti l’indebitamento, il controllo dei costi e le politiche del personale, che caratterizzano le amministrazioni comunali italiane rette da giunte a maggioranza politica definita “populista”. L’ampio campione e l’elaborazione statistica molto raffinata attribuiscono al lavoro la natura di ricerca scientifica validata dai dati.
L’articolo è piuttosto complesso non perchè contenga difficili passaggi analitici, ma perchè sia il tema che la ricerca dei dati e la loro elaborazione statistica sono complessi. Chi desideri solo “farsi un’idea” del tema e dei risultati dell’articolo può concentrarsi sul sommario, sull’introduzione e sulle conclusioni. Chi desidera invece andare più a fondo, comprendere come è costruita una buona ricerca di Political economy e il senso del messaggio contenuto nell’articolo può addentrarsi nella sua lettura e procedere, lentamente, ma senza rischio di smarrirsi.
Articolo 72
L’articolo di cui si propone qui la lettura è la recensione, fatta da P. Legrenzi sulla rivista il Mulino, di un libro riguardante la vita e il pensiero di un grande personaggio. A.Hirschman visse nei difficili anni della Seconda guerra mondiale e in quelli successivi che aprivano le porte del mondo intero a nuove speranze. Fu uomo impegnato a comprendere i tempi in cui ha vissuto, e fu capace di agire politicamente. Credette nel valore delle idee non conformiste, e affermò che l’economia non è una tecnica, ma una scienza sociale a tutto campo. Il suo contributo più noto è Exit, voice and loyalty, libro di costante attualità, ma ha scritto molti altri importanti articoli e libri. Una vita vissuta coraggiosamente, nell’azione e nel pensiero.
Articolo 71
L’articolo qui riportato ( lavoce.info) pone il dibattito sul salario orario minimo in una prospettiva più ampia. Se il problema è quello di far scomparire il “lavoro povero”, ossia la situazione per cui un’alta percentuale di lavoratori percepisce un reddito che li colloca nella fascia della povertà, l’obiettivo del salario minimo è sì una parte necessaria per risolverlo, ma è anche assolutamente insufficiente. E’ necessario esaminare “quanto” si lavora e contemporaneamente attivare politiche complementari che capaci di creare le precondizione affinché sia possibile lavorare di più e con una produttività maggiore, e quindi con una retribuzione oraria maggiore.L’articolo è ricco di dati e di rimandi a documenti sul mercato del lavoro italiano.
Articolo 70
E’ a tutti noi purtroppo noto che il mondo contemporaneo ha accumulato un sovraccarico di problemi gravi o gravissimi capaci di oscurare gli orizzonti non tanto remoti del futuro del nostro paese, e del mondo intero. Non è il caso di elencarli, ma forse è il caso di ricordare che essi sono in larga parte frutto della cecità degli interessi particolari. Tra di essi comunque ve ne sono due che in modo diverso preoccupano chi guardi oltre il suo ombelico: le fortissime e ancora crescenti diseguaglianze economiche e l’emergenza ambientale. L’articolo di cui qui si porta il riferimento – il Mulino on line – tratta di questi due problemi ponendosi una domanda: è possibile trovare politiche pubbliche capaci di raggiungere il doppio obiettivo di attenuare le prime e affrontare realisticamente le seconda ? A questa domanda offre una risposta, consistente nell’uso chirurgico della leva fiscale, da un lato, e degli investimenti pubblici mirati dall’altro. I pregi dell’articolo sono la sua chiarezza e i frequenti rimandi, on line, ad approfondimenti possibili.
Articolo 69
Questo articolo di R.Hamaui su lavoce.info spiega come tra il “fare” e il “fare bene” c’è di mezzo il “l’ignorare.
Articolo 68
L’articolo di R. Hamaui ( lavoce.info ) qui riportato evidenzia in modo convincente i limiti della politica monetaria – che ha carattere macro e quindi ha effetti trasversali – come politica adatta a combattere l’inflazione senza colpire la crescita. Le banche centrali sono come medici pronti a prescrivere l’uso di un potente antibiotico per eliminare un’infiammazione alla gola. E’ probabile che l’infiammazione passi, ma ci sono soluzioni alternative più specifiche, più efficaci e meno invasive. Nello specifico le caratteristiche di questa inflazione che stenta a passare – inflazione da profitti e da tensioni in specifici mercati – suggerirebbero l’uso di politiche più mirate e con effetti meno dannose per tutti. Quanto fatto in Spagna è un buon esempio di successo in tal senso. Il fatto è che per attuare tali politiche è necessario un governo e una pubblica amministrazione (nazionale) capaci di fare scelte economicamente intelligenti e di renderle operative, condizione non sempre data.
Articolo 67
L’articolo di M.Bordignon e L.Rizzo pubblicato su lavoce.info analizza gli interventi previsti dal governo Meloni in tema di sgravi contributivi per i lavoratori dipendenti, introdotti per “compensare” quelli fiscali a favore dei lavoratori autonomi (flat tax parziale). Al di là dello specifico tema trattato l’articolo evidenzia quanto sia difficile fare una politica economica sostenibile spinti dalle pulsioni politiche immediate. La complessità del sistema economico e fiscale è tale per cui usando oggi una leva per ottenere risultati economici e politici immediati si determinano effetti non desiderabili o insostenibili in tempi successivi. In altri termini una politica economica sana non è una somma di interventi tampone, ma un intervento complessivamente organizzato ossia consapevole degli effetti complessivi. La propensione all’uso di fuochi d’artificio a effetto non è una novità di questo governo, e proprio per questo motivo va considerata con molta attenzione, e preoccupazione.
Articolo 66
L’articolo che si ritrova nel sito qui sotto indicato riprende il tema oggi molto discusso del futuro del dollaro o, più in generale, del sistema monetario internazionale, che è in evoluzione, entro tempi non prevedibili. Si consideri che il peso internazionale di una valuta è un ottimo indicatore del potere economico e politico del paese che la crea, così che parlare di futuro del dollaro significa parlare di futuro della centralità economica e politica degli Stati Uniti. L’attuale sistema monetario internazionale si basa ancora sugli accordi di Bretton Woods (1944) che sanzionò la fine dell’egemonia economica britannica e il passaggio a quella statunitense. L’articolo porta sul tema considerazioni molto equilibrate e molto ben documentate. Un’utile lettura.
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-dollaro-e-eterno-finche-dura-136174
Articolo 65
L’articolo del prof. Gianmarco Ottaviano ( Università Bocconi ) pubblicato su lavoce.info introduce nella contrappisizione, spesso aprioristica, tra globalizzazione e deglobalizzazione una riflessione documentata e più concreta. La fine, ormai evidente, della globalizzazione centrata sul perno economico degli Stati Uniti non porterà necessariamente, nè probabilmente, ad una nuova globalizzazione made in China. Sarà più policentrica, perchè nuove economie si affacciano con forza nel sistema degli scambi internazionali ( si pensi al Vietnam, all’India e in un prossimo futuro anche ad alcuni paesi africani ) e sono interessate a non essere troppo dipendenti dall’economia cinese.
Articolo 64
Il link qui indicato conduce a un breve articolo di Andrea Capussela, politologo ed economista italiano, pubblicato sulla rivista il Mulino on line. E’ la sintesi di un libro appena uscito, scritto da G.Gerstle, The Rise and Fall of the Neoliberal Order. Il libro e la sua chiarissima sintesi affrontano un tema di grandi prospettive storiche, quello delle grandi onde ideologiche che tengono insieme il pensiero e l’organizzazione della società, della politica e dell’economia. Sia il welfare state che il neoliberismo nascono e muoiono nei paesi occidentali, a partire negli Stati Uniti, attraverso un complesso processo culturale, economico e politico. Poi si diffondono orientando le politiche pubbliche. Noi viviamo all’interno di queste grandi “onde”, che nascono, crescono e poi si esauriscono. Ora si è alla fine della seconda onda e ci chiediamo che cosa ci prospetta il futuro. E’ utile conoscere i grandi movimenti della storia per orientarsi su ciò che ci attende.
Articolo 63
L’articolo riguarda l’Italia,e più in particolare il problema dell’autonomia regionale differenziata, politicamente attualissimo e che proietta l’Italia nel futuro che l’attende. Qui l’alternativa è tra autonomie che non riconoscono i problemi delle altre regioni e autonomie che le riconoscono, ossia tra il non riconoscere e il riconoscere le difficoltà delle altre regioni. Anche in questo caso l’esito prevedibile del mancato riconoscimento è l’accelerazione di una spirale discendente dell’economia e della società italiana.
Articolo 62
Ogni decisione che presuppone la diversità degli interessi e delle voci è complessa e difficile. E’ proprio di questo che si discute nei due articoli di cui è qui indicato il link, che evidenziano anche come in assenza di qualche forma di accordo democratico si può prevedere il declino di tutti.
Il primo tratta dell’Unione Europea, più che mai inviluppata in un circoli viziosi decisionali. Per affrontare le nuove difficoltà – pensiamo alla guerra Russia-Ucraina – e le nuove problematiche – si pensi alla transizione ambientale – sono necessarie nuove politiche economiche comuni, difficili da definire e implementare nell’attuale contesto politico di tutti i paesi europei, ma in loro assenza il contesto diviene ancora più ingarbugliato e complesso da risolvere. Sembrerebbe la definizione di una spirale discendente.
https://www.politico.eu/article/europes-critical-struggle-with-its-economic-paradigm/
Articolo 61
Da tempo ormai i domografi italiani ci avvertono che il problema demografico, ossia l’invecchiamento della popolazione, è preoccupante e peggiora di anno in anno. L’articolo di Federico Fubini, di cui qui si indica il link, offre dati e mostra le sue ramificazioni e complesse coseguenze. Come per altre difficili situazioni in cui si trova l’Italia – pensiamo ad esempio all’indebitamento pubblico o l degrado ambientale – l’invecchiamento non peserà su chi oggi naviga verso la pensione, ma su chi oggi è ragazzo o giovane..
Articolo 60
L’inflazione, non prevista a tempo debito, ossia due anni or sono, poi classificata come effetto dell’impennata dei costi delle materie prime, e in particolare dell’energia, poi rivalutata come inflazione generalizzata – da costi o da domanda ? – e infine affrontata, con un certo ritardo utilizzando la classica politica monetaria restrittiva, ebbene, questa inflazione tarda a farsi domare dalla politica monetaria e quindi continua. Chi paga il principale costo di questo aumento generalizzato dei prezzi sono i non-percettori-di-reddito ( non occupati o pensionati ) o i lavoratori dipendenti che fin qui non sono stati in grado di recuperare, almeno in parte, l’aumento dei prezzi con quello dei salari.Questa evidente redistribuzione del reddito a favore di chi può aumentare i prezzi, apparirebbe ancora più redistributiva se avesse assunto le caratteristiche dell’ inflazione da profitti, ovvero da aumento dei margini di profitto delle imprese ( evidentemente dotate di qualche potere monopolistico ), o dall’aumento dei redditi derivanti da lavoro autonomo.L’articolo pubblicato sul sito lavoce.info discute di questa eventualità, riportando molti dati.
Articolo 59
Il link sotto indicato apre una finestrella su una storia che riguarda gli affari e il colonialismo, ovvero il ruolo avuto dalle Compagnie private europee nell’affermazione del colonialismo in Africa, America e Asia già a partire dal settecento. Queste compagnie hanno costruito l’espansione coloniale, soprattutto quella britannica e olandese, espandendo i loro affari, disponendo anche di loro eserciti. Inizialmente disponevano di una concessione statale, ossia di una licenza monopolistica. Nell’ottocento i vari stati progressivamente ne limitarono i poteri, ma esse continuarono a beneficiare di regole e diritti che ne favorivano gli affari. Questa è la storia della globalizzazione coloniale ottocentesca. Quella del periodo 1970-2020 è cosa diversa, ma anche in questo caso ci sono sempre le grandi compagnie private, le multinazionali, e gli stati che con modalità diverse le favoriscono.
Articolo 58
Nei prossimi mesi il tema della riforma fiscale entrerà nel vivo. Come noto, il Governo ha ottenuto dal Parlamento una delega abbastanza ampia per procedere a una riforma dell’attuale sistema fiscale, il quale è confuso, non equo né efficace. Non è affatto semplice ristrutturarlo per il meglio, se questo è l’obiettivo, senza introdurre ulteriori elementi di confusione ed iniquità.
L’articolo di cui è qui indicato il link, pubblicato su lavoce.info offre motivati spunti di riflessione. Quella fiscale è una riforma molto importante non solo per la crescita dell’economia e ma anche per affrontare il problema delle diseguaglianze di reddito e di ricchezza. Quindi è importante cominciare a farsi un’idea.
Articolo 57
Il link sotto indicato ci riporta al Fondo Monetario Internazionale e alle sue previsioni di crescita nel 2023. Il contenuto scritto è brevissimo, ma il grafico è pieno di importanti significati, se pensiamo al nostro futuro. Il FMI prevede che il 66% della crescita mondiale del 2023 sarà prodotto in Asia e nel Pacifico. L’Occidente atlantico contribuirà solo per il 21%. Poichè l’incremento del PIL segnala la tendenza a crescere – certamente nel 2023, ma molto verosimilmente anche negli anni successivi – , il grafico ci dice che il peso delle economie asiatiche, e in particolare della Cina e dell’India, sta aumentando molto velocemente, portando con sé lo spostamento del baricentro dell’economia mondiale. In questo nuovo mondo l’Europa sarà economicamente quasi marginale, soprattutto se i paesi che la compongono continuano nel loro spensierato cammino in ordine sparso. Il Vecchio Mondo è davvero invecchiato ?
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/3583ccc
Articolo 56
Il testo recuperabile al sito sotto indicato è un brevissimo, e interessantissimo, documento del Fondo Monetario Internazionale. E’ il commento a un grafico che sta nel testo. Già a prima vista il grafico ci suggerisce che i tassi d’interesse fissati dalle banche centrali dei principali paesi, tassi che sono per così dire la “base” o “pavimento” del sistema dei tassi d’interesse, sono decrescenti da circa trent’anni. Negli anni recenti sono stati anche negativi. Dunque il credito ha un prezzo di base tendente a zero. E’ una situazione davvero anomala, se non fosse che di fatto è quanto avviene. Nel testo allegato si spiegano le possibili cause di questa tendenza, la quale significa che chi prende a prestito i soldi dalla banca centrale paga sempre meno. Il sistema complessivo dei tassi di interesse, che sono più alti, risente poi anche di altri fattori e in particolare dei rischi collegati ai diversi tipi di prestiti.
Si possono fare numerose considerazioni in aggiunta a quanto sta scritto nel documento. La prima è che globalmente, o quanto meno nei paesi più ricchi, vi è un eccesso di risparmio, ovvero una penuria di investimenti. Questo appare un po’ paradossale in un mondo che avrebbe bisogno di grandi investimenti per far fronte ai mutamenti che gli si prospettano. Forse però questi investimenti hanno un rendimento atteso troppo basso o troppo lontano, e questo li disincentiva. Peraltro i redditi che ricava chi opera nella finanza non sono troppo bassi. La differenza tra il basso prezzo della “merce base” della finanza, ossia la moneta creata dalle banche centrali tramite i prestiti, e il suo rendimento ottenuto dalla finanza si chiama rendita, al netto del prezzo del rischio. Alla discesa dei tassi d’interesse “base” corrisponde un sempre più alto rendimento delle attività finanziarie e un’enorme bolla alimentata da rendite finanziarie.
A ben guardare un fenomeno analogo si riscontra anche nel mercato del lavoro, merce fondamentale del sistema capitalistico, insieme al credito. Anche il mercato del lavoro è dominato dalla rendita, misurabile come differenza tra il salario minimo, in molti paesi identificabile con quello fissato per legge, e la retribuzione di chi guadagna molto o moltissimo o infinitamente di più.
Quello in cui viviamo è sempre più un mondo in cui prevalgono i redditi da profitto e soprattutto le rendite. Chi offre i servizi di capitale e di lavoro più “basici”, ma anche assolutamente essenziali per tutti, è pagato con un prezzo minimo, di sussistenza appunto. Questa è forse la maggiore e più letale contraddizione economica del mondo in cui viviamo. Ci si può chiedere se rappresenti un punto di equilibrio.
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/3541049
Articolo 55
Il documento dell’ Unione Europea,riportato al link sotto indicato – Regional Competitiveness Index 2.0 – contiene molti dati utili a farsi un’idea di come si sono sviluppate le varie regioni dell’Europa ( stati e singole aree ) negli anni recenti e quale è il loro posizionamento relativo, per quanto riguarda la loro competitività. Emerge in tutta evidenza da un lato il posizionamento non eccellente del nostro paese e, soprattutto, come negli ultimi anni la posizione dell’Italia e di singole aree sia relativamente peggiorata. Il documento conferma che il declino economico del nostro paese, iniziato decenni or sono, prosegue.E’ sufficiente osservare e studiare i grafici e i dati riportati nel documento per avere un quadro abbastanza preciso della situazione.
https://ec.europa.eu/regional_policy/assets/regional-competitiveness/index.html#/
Articolo 54
E’ difficile pensare che l’economia mondiale, o quanto meno quella dei paesi a capitalismo liberale, muova in una direzione più sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale per effetto di editti ( leggi, regole, etc. ) governativi. Non vi è solo un problema di implementazione degli editti, ma anche di cattura dei governi da parte degli interessi di parte. Una condizione necessaria, seppur non sufficiente, è che cambino gli obiettivi e i comportamenti sia dei cittadini che delle imprese, a cominciare da quelli riguardanti i loro rapporti con chi governa il sistema economico.L’articolo di cui qui sotto è riportato il link si riferisce appunto alla responsabilità politica delle imprese, ossia al fatto che assai spesso esse non rispettano i criteri di correttezza politica, e riporta i principi a cui esse dovrebbero invece ispirarsi, concretamente. Tra il dover essere e l’essere c’è quasi sempre molta distanza, ma avere chiarezza sul dover essere è pur sempre una premessa importante.
Articolo 53
L’articolo di Andrea Garnero (OCSE) e di Alessandro Tondini (ORVPP), pubblicato su lavoce.info, tratta di un tema di crescente attualità, in Italia: la settimana corta, ovvero la riduzione degli orari di lavoro. Presenta le caratteristiche, i risultati, ma anche i limiti, dei vari esperimenti fatti in singoli settori o aziende, e la posizione dei vari sindacati.
Articolo 52
Il documento, elaborato dai maggiori operatori italiani del settore, offre un quadro molto completo e documentato della situazione idrica del nostro paese.
https://www.utilitatis.org/wp-content/uploads/2023/03/BLUE-BOOK-2023.pdf
Articolo 51
Il governo israeliano ha in programma il depotenziamento della Corte costituzionale del paese. Di fatto si tratterebbe di una modifica costituzionale, in un paese in cui la Costituzione non esiste. L’articolo a cui rimanda il link è sottoscritto da numerosi economisti, alcuni dei quali premi Nobel. Mostra quali sono i potenziali gravi effetti economici di una modifica “costituzionale” che ha obiettivi strettamente politici: il passaggio da precise regole che tutelano la democrazia ad altre che la mettono a rischio può essere letale, anche per l’economia. E’ pericoloso giocare con le regole del gioco! Tale discorso vale ben al di là del caso di Israele.
Articolo 50
La crisi della Silicon Valley Bank ripropone il problema, già evidenziatosi nel 2008, dell’inadeguata regolazione bancaria negli Stati Uniti e del rischio di diffusione della crisi all’intero sistema bancario in caso di fallimento di singole banche. Conferma anche che i mercati sono ben capaci di promuovere l’espansione, ma lo sono molto meno nell’affrontare le crisi. In questi casi, senza regole e intervento pubblico, sul modello di quello effettuato dal Presidente Biden, il mercato del credito crollerebbe. L’articolo di A.Baglioni su laVoce affronta in estrema sintesi e con grande chiarezza questi temi.
Articolo 49
L’inflazione rallenta, lentamente. Il breve documento del Fondo monetario internazionale, di cui è qui indicato il link, riporta un grafico contenente l’andamento dei prezzi internazionali delle principali materie prime energetiche e alimentari. Il picco è stato superato e l’indice dei prezzi ora decresce. Significa questo che “decresceranno” anche i prezzi al dettaglio ? Solo in parte, perché dipende dal grado di concorrenza nella catena produttiva e distributiva che sta a valle delle materie prime. Nel caso dei prodotti energetici, e in particolare del gas, dove la catena produttiva/distributiva è corta e il prezzo si fissa su un mercato relativamente concorrenziale, i prezzi al consumo certamente diminuiranno seguendo la diminuzione del prezzo all’ingrosso del gas. Più problematico è prevedere l’andamento del prezzo degli altri beni, e in particolare dei consumi alimentari, che utilizzano le materie prime di cui va diminuendo il prezzo internazionale. Bisogna vedere quanto questi prezzi sono “sticky” ossia “appiccicosi”. Se vi è scarsa concorrenza, e questa è una situazione assai diffusa, è ragionevole pensare che i vantaggi della diminuzione dei costi delle materie prime alimentari saranno assorbiti dai produttori e/o dai distributori – ossia si trasformeranno in maggiori profitti -, lasciando i consumatori con prezzi che non crescono più, ma neppure diminuisce. L’andamento dei prezzi al dettaglio dei beni che si era adeguato all’aumento dei prezzi delle materie prime, difficilmente diventerà negativo riportando i prezzi relativi – rispetto agli altri beni e ai salari – al valore ex ante, ossia prima dell’inflazione . Chi alla fine pagherà i costi dell’inflazione saranno soprattutto percettori di redditi che non sono non aumentati al seguito dell’inflazione, ossia i lavoratori “deboli”.
Articolo 48
Il documento qui allegato è l’esito dell’ultima indagine fatta dall’ OCSE sulla Financial literacy delle persone adulte nel mondo. Chi è più interessato può leggerlo nella sua completezza. Tuttavia a tutti si raccomanda di dare un’occhiata quanto meno alle tabelle che stanno nella prima parte del documento, e in particolare alla posizione italiana nella graduatoria internazionale. Ci sono paesi che si collocano sopra la media, la cui popolazione adulta può essere definita informata o consapevole. Ve ne sono altri che stanno sotto la media, e tra questi alcuni che stanno molto sotto la media, la cui popolazione adulta può serenamente essere definita ignorante o inconsapevole. La popolazione italiana sta nella parte bassa di questo secondo gruppo. Ciascuno faccia per conto proprio le considerazioni che gli sembrano più appropriate.
Articolo 47
Lo sviluppo di un mercato degli Eurobond ( ossia di titoli del debito europeo, anziché dei singoli paesi che fanno parte di Eurolandia) sarebbe molto utile, anche per rafforzare il peso dell’Euro sui mercati internazionali. Tuttavia, come spiega bene R.Hamaui, vi sono difficoltà di natura prevalentemente politica riassumibili, in ultima sostanza, nella non volontà di costituire una federazione europea.
Articolo 46
L’articolo di cui qui indichiamo il link riguarda il tema del neo-protezionismo. Da molti anni ormai gli Stati Uniti stanno progressivamente abbandonando la strada del libero commercio internazionale avviando una politica protezionistica, vuoi per motivi geopolitici, vuoi per motivi legati alla politica nazionale. Questa politica è stata iniziata dal Presidente Obama, proseguita con modalità diversa dal Presidente Trump ed è ora intensificata dal Presidente Biden. Il processo di globalizzazione è finito, e con esso i suoi effetti positivi, oltre che negativi. La domanda che ci riguarda più da vicino è: con quali conseguenze per l’Europa, e ancor più precisamente per l’Italia ? la divisione del globo politico ed economico in due sistemi tra loro contrapposti chi avvantaggia e chi danneggia ? L’articolo, che induce chi lo legge a porsi queste domande, si focalizza in realtà sui contenuti del neo-protezionismo e sui suoi effetti complessivi.
La lettura dello scritto può presentare alcune difficoltà, non solo linguistiche, ma la sua comprensione accende alcune luci sul futuro prossimo che ci attende.
Articolo 45
L’articolo di V.Mapelli su lavoce.info riguarda il tema molto dibattuto dell’Autonomia differenziata. Se ne è parlato molto nelle passate settimane, e se ne parlerà ancor di più in futuro, soprattutto in termini giuridici e politici. La dura realtà, ovvero i fatti, ha però soprattutto natura economica e l’esperienza storica riguardante la sanità, già molto differenziata regionalmente, è ricca di insegnamenti
Articolo 44
L’articolo qui riportato, scritto da Angelo Baglioni, professore all’Università Cattolica, risponde a due domande che ci si può porre pensando alle scelte fatte dalla BCE, ma anche dalla FED, per contenere l’inflazione. Si tenga conto che la difesa del valore della valuta nazionale ( o dell’area Euro ) è un obiettivo prioritario per la Banca centrale, essendo tale valuta l’unità di misura di tutte le transazioni, nazionali e internazionali. Per la BCE è anzi l’obiettivo.
La prima domanda è: perché le Banche centrali per frenare l’inflazione intervengono aumentando il tasso d’interesse base, che è quello a cui la Banca stessa fa prestiti ? è abbastanza nota la risposta: perchè in questo modo aumenta il costo dell’indebitamento e quindi si pone un freno alla domanda. Un settore particolarmente sensibile alle variazioni dei tassi d’interessi è ad esempio quello edilizio e immobiliare.
La seconda domanda è il seguito della prima e introduce il ruolo delle aspettative: perchè è importante che la Banca centrale annunci la politica monetaria che intende seguire non solo nell’immediato, ma anche nel medio periodo, e che ad essa rimanga coerente ? L’articolo di A.Baglioni ne spiega in modo molto chiaro il perché. Il gioco delle aspettative è importantissimo in economia, e in particolare per il sistema monetario e finanziario.
Articolo 43
L’articolo di Rony Hamaui, pubblicato sul sito laVoce.info, spiega in modo straordinariamente chiaro quali sono gli effetti redistributivi dell’inflazione, che passano attraverso tre canali: i consumi, i redditi, e le attività finanziarie ( titoli di credito/debito)
Articolo 42
L’articolo di cui è qui indicato il link tratta del comportamento delle famiglie italiane per quanto riguarda la propensione a risparmiare, in un contesto di crisi e di inflazione. Si tenga conto che storicamente le famiglie italiane hanno sempre avuto un’elevata propensione al risparmio e si sono mostrate tutto sommato “razionali”, nel senso che hanno fatto scelte consapevoli del grado di fiducia che potevano offrire i vari strumenti finanziari disponibili. Quanto avvenuto negli ultimi anni, pur così complessi, conferma questa attitudine
Articolo 41
L’articolo di R.Hamaui, economista con grande esperienza finanziaria e ora docente in Bocconi, è assai intrigante. Richiede però alcune note esplicative.
Per semplificare diciamo che una banca centrale (BC) crea moneta quando acquista titoli di debito ( quasi esclusivamente pubblico ) e assorbe moneta quando li vende. I mezzi di pagamento utilizzati nell’acquisto dalla Banca centrale sono moneta a tutti gli effetti ( semplificando un poco ). Nei conti della BC il debito acquistato rappresenta un’attività finanziaria che ha un rendimento, quello degli interessi pagati sui titoli acquistati. Le entrate relative alimentano i profitti nel bilancio della BC.In un contesto di crisi economica la BC aumenta l’acquisto di titoli del debito pubblico emesso dal Tesoro, che vede aumentare il deficit nel suo bilancio (più spese “keynesiane” e meno entrate). Il passaggio da una fase di crisi ad una di ripresa comporta la riduzione del deficit. Inoltre la parte del debito pubblico che va progressivamente in scadenza viene rimborsata dal Tesoro. La BC, che è proprietaria di titoli di stato in scadenza, si trova quindi in tal caso a ricevere moneta dal Tesoro. Così facendo la moneta in circolazione diminuisce.Nel 2008-10 ( Crisi finanziaria ) e poi ancora nel 2020 ( Crisi Covid ) le BC, tra cui la FED, la Bank of England e la BCE, intervennero con un potente acquisto di debito pubblico chiamato dalla FED quantitative easing. La BCE di Draghi fece qualcosa di simile nel 2012 ( whatever it takes), semplificando molto. L’effetto, voluto, era quello di finanziare l’esplosione dei debiti pubblici, conseguenza delle due crisi.
Ci si può chiedere: si aveva allora una cognizione di cosa sarebbe avvenuto nel tempo come effetti collegati alla grande espansione monetaria di queste politiche? l’impressione è che le esigenze di salvataggio immediato avessero fatto mettere da parte considerazioni più di lungo periodo. Ma il lungo periodo è diventato il presente e si sono evidenziate alcune importanti conseguenze. La prima è l’inflazione che nasce sì dallo shock energetico, ma ha come sottofondo il mare di moneta creato dalle politiche del quantitative easing. La seconda è quella descritta da Hamaui. Per frenare l’inflazione la BC aumenta i tassi d’interesse e in tal modo deprime il valore delle proprie attività consistenti in debito pubblico. Quindi subisce una perdita patrimoniale e una caduta dei suoi profitti. Potrebbe avvenire che al perdurare delle perdite la BC rischi (teoricamente ) di fallire, ma ciò è evitato creando moneta, politica necessaria per i conti della BC, ma perniciosa per l’inflazione. Nel caso della BI avviene anche che i profitti che maturavano sui suoi conti e che venivano in parte passati al Tesoro, scompaiano, con effetti negativi per i conti del Tesoro. Insomma, in un modo o nell’altro i conti devono tornare, e questo è problematico.
Articolo 40
La CEE è nata come progetto di unità politica che si sarebbe realizzata viaggiando sul treno dell’economia. L’unione commerciale ed economica ( UE) si è realizzata e ad essa è seguita l’unione monetaria, che tuttavia ha coinvolto solo alcuni paesi dell’UE stessa. L’unità politica è però rimasta un vago obiettivo, e forse per molti paesi non lo è neppure. In seguito alla pandemia da covid è stato fatto un piccolo passo in questa direzione, ma ad esso poco o nulla è seguito. Neppure sul piano di una comune politica militare sono stati fatti passi decisivi. Ora si parla, timidamente, di un welfare europeo. Il documento allegato ci riporta all’origine della politica di welfare, nata nel Regno Unito subito dopo la Seconda guerra grazie a W.Beveridge. Se ne richiamano i motivi, che sono presenti anche nell’attuale UE.
Articolo 39
Il 2022 è stato un anno problematico, anche nel senso che ha aperto e lasciati irrisolti molti problemi. Tra questi il think tank “Promarket” ne ha individuati cinque (Ucraina, inflazione, private equity, meritocrazia, crisi del capitalismo (?). Per ciascuno di essi presenta un podcast. Promarket è un luogo di riflessione molto qualificato, localizzabile nella Chicago capitale del neoliberismo. Promarket tuttavia rispetto al neoliberismo assuma un’attitudine cautamente critica, soprattutto rispetto alle espressioni estreme della scuola di Chicago.
Articolo 38
L’articolo presentato è stato scritto da T.Monicelli, professore di Economia all’Università Bocconi. Offre una valutazione “da economista” della recentissima decisione della BCE di aumentare il tasso d’interesse base da lei fissato. La BCE si è trovata di fronte a una decisione “classica”, che si presenta in caso di inflazione non congiunturale: aumentando il tasso d’interesse colpisce l’economia reale ( aumenta il costo dell’indebitamento ) che rallenta creando recessione e in tal modo frana l’aumento dei prezzi. L’alternativa sarebbe stata quella di non aumentarlo, ma in tal modo l’inflazione sarebbe continuata con tutte le conseguenze per i creditori, per i percettori di reddito fisso e più in generale per la stabilità dell’economia. Un punto debole di questo intervento è che l’inflazione è partita e si alimenta con l’aumento dei prezzi di energia e materie prime, e quindi l’esito dell’intervento sui prezzi è più problematico.
E’ comprensibile, e quasi scontato, che la valutazione “politica” di chi governa sia negativa, perchè si trova a gestire una recessione e non un’espansione, come presumevano i programmi elettorali. Evidente il costo politico. Il costo maggiore sarà però pagato dai lavoratori e dalle imprese che si trovano finanziariamente troppo esposte.
Si deve infine considerare che sia la FED che la Bank of England si erano da tempo già mosse in questa direzione e pertanto l’immobilismo da parte della BCE sarebbe stato forse insostenibile .
Articolo 37
L’articolo di cui è qui indicato il link è scritto da P.Fortunato e A. Lombini, ambedue economisti ricercatori all’UNCTAD.Con riferimento agli Stati Uniti esamina la correlazione esistente tra propensione politica ( Democratici e Repubblicani ) e relativi valori e attitudini, da un lato, e scelte concrete in ambiti diversi, dall’altro. In particolare mostra come l’appartenenza politica sia significativamente correlata alla disponibilità a vaccinarsi, così come all’acquisto di armi, e ad altri tipi di scelta. Queste osservazioni rimandano a un altro interrogativo, a cui l’articolo non cerca di dare una risposta, riguardante le motivazioni sottostanti alla distribuzione territoriale a pelle di leopardo delle propensioni politiche.
Articolo 36
L’articolo qui allegato è stato redatto dal Fondo Monetario Internazionale. Il tema trattato è la crescita della popolazione mondiale, che ora ha raggiunto gli 8 miliardi e a fine secolo dovrebbe essere di 10 miliardi. Così come il riscaldamento dell’atmosfera anche la crescita demografica ha un’inerzia propria, inarrestabile nel breve e medio periodo, ma da tenere sotto controllo pensando al lungo periodo, per evitare situazioni alla lunga insostenibili dall’umanità sul nostro globo.Vi sono paesi in cui il problema – pur molto serio – è quello della decrescita della popolazione, come l’Italia, e ve ne sono altri che si trovano in posizione opposta, come gran parte dei paesi africani, per i quali si pone la soluzione dell’emigrazione. Complessivamente vi è e vi sarà crescita, per quanto decrescente.Questo articolo offre dati e argomenti per chiarirne le dinamiche e le conseguenze.
Articolo 35
L’articolo qui allegato è stato scritto nel 2021 dal prof. Gianni Toniolo, storico economico improvvisamente scomparso pochi giorni or sono. L’articolo sostiene l’attualità del Welfare-state, disegnato nel Regno Unito alla fine degli anni ’40 da Beveridge, accantonato a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo ed ora di nuovo attuale. La domanda da porsi è: possiamo lasciare al mercato la funzione di copertura dai grandi rischi economici che incombono sui cittadini ( soprattutto disoccupazione e malattia ) o dobbiamo pensare a un intervento dello stato ? Gianni Toniolo dà la propria risposta.
Articolo 34
L’articolo allegato tratto da lavoce.info spiega in modo molto semplice come funziona il processo inflazionistico, avendo come riferimento l’Europa, e come sta intervenendo, o dovrebbe intervenire, la BCE per frenarlo. La difficoltà delle politiche monetarie sta nel fatto che per frenare l’aumento sistematico dei prezzi bisogna frenare la domanda aggregata e quindi la crescita. Vi è un classico trade-off tra i due obiettivi, inflazione o crescita. Peraltro il perdurare dell’inflazione porterebbe con sé il rallentamento della crescita. E’ da osservare come l’unico strumento macroeconomico di fatto utilizzato ( o utilizzabile ?) è quello del controllo dell’offerta di moneta e del tasso d’interesse, ponendo le banche centrali nella posizione di decisori di politica economica “di ultima istanza”.
Articolo 33
” Pensando alla prossima COP 27 “. Un’agenda per le politiche pubbliche e aziendali in tema di difesa della natura, e come conoscerne di più
https://www.ebrd.com/news/2022/transforming-our-economies-into-nature-positive.html
Articolo 32
L’importanza dell’educazione finanziaria
Articolo 31
Il testo qui presentato è un documento elaborato dalla Chatham house, un autorevolissimo think-tank britannico che esprime la posizione di influenti personaggi del mondo politico ed economico internazionale che potremmo definire liberal-progressisti. Questo testo è lungo e certamente richiede una “lenta digestione”. Non tratta di temi tecnici ed usa un linguaggio che potremmo definire letterario. Affronta il tema essenziale della consistenza della democrazia europea e cerca di spiegare le cause del suo indebolimento. Affronta temi di grande attualità, come il populismo, le diseguaglianze, la tecnocrazia e la politica economica. Quella presentata è una ricerca che in molti aspetti va controcorrente, nel senso che pone dubbi sul consenso politicamente-corretto che orienta le riflessioni su questi temi. In ultima sintesi l’idea dello scritto è quella di richiamare l’attenzione sul fatto che tra chi fa scelte politiche, e in particolare di politica economica, e i cittadini vi è una distanza crescente e pericolosa. In altri termini, il testo sollecita più democrazia.
Articolo 30
L’autore di questo breve articolo è Francesco Saraceno economista presso Sciences-Po (Parigi). In modo molto sintetico e chiaro esamina le prospettive dei due principali problemi macroeconomici con cui nel prossimo futuro avranno a che fare le economie più avanzate: inflazione e crescita.
Articolo 29
https://www.lavoce.info/?s=pnrr+meloni
Articolo 28
L’ articolo qui presentato, scritto da Salvio Lanza ( esperto del settore elettrico ) e Rosario Patalano ( docente universitario ), pubblicato sulla rivista Economia e Politica, contiene un’articolata descrizione del funzionamento del mercato elettrico europeo e interpreta il suo cattivo funzionamento che ha contribuito recentemente ad aggravare l’attuale crisi energetica in Europa. Colpito da due shock esterni, dapprima gli effetti della pandemia e poi della guerra in Ucraina, questo mercato si è mostrato incapace di assorbirne l’impatto ed anzi ne ha aggravato le conseguenze.
L’articolo, che contiene molti dati quantitativi di grande interesse e informazioni sul processo decisionale dell’UE, è complesso non a causa dell’uso di un linguaggio analitico, ma perché è complessa la stessa materia trattata, la cui comprensione non consente forti semplificazioni. Nessun mercato vive “naturalmente”, ossia senza una serie di regole del gioco esplicite o implicite che permettano transazioni ragionevolmente sicure. I mercati elettrici sono sommamente complessi poiché richiedono un’articolata organizzazione (disegno organizzativo) di regole e regolatori pubblici, per garantire una concorrenza che generi risultati efficienti, o abbastanza efficienti. L’alternativa a questo modello organizzativo sarebbe il monopolio, in cui le regole sono fissate dallo stesso monopolista, che svolgerebbe quindi il ruolo di unico regolatore, con tutti i difetti del caso.
A monte del mercato elettrico vi è quello del gas metano, da cui dipende il 46% del consumo elettrico in Italia. Nei decenni passati l’Italia, più di altri paesi europei, ha privilegiato il gas metano come fonte energetica primaria. Le caratteristiche del mercato del gas metano, che ha una dimensione europea, influenzano dunque molto le quantità e i prezzi che si determinano sul mercato elettrico. Vi è un importante aspetto del mercato europeo del gas, trattato marginalmente nell’articolo, di cui è opportuno dire qualcosa in sede di presentazione. Il suo buon funzionamento, così come quello di altre merci ( materie prime agricole e minerarie – le così dette commodity – ma anche i prodotti finanziari ) richiede la contemporanea esistenza di due tipi di mercati, quello a pronti (spot) e quello a termine (forward). Sul primo si concordano oggi prezzi e quantità di una transazione che si conclude oggi stesso; sul secondo invece si concordano oggi “impegni” a comprare/vendere in un tempo successivo e prefissato – ad esempio un mese – una certa quantità a un dato prezzo mercati. Il senso del marcato forward è quello di dare certezza della transazione e del suo prezzo ai venditori e compratori che dovranno concretamente vendere o comprare, rispettivamente, in un tempo successivo. La differenza tra il prezzo spot e forward è data dal tasso d’interesse, ma soprattutto dalle previsioni relative al mercato futuro che si fanno oggi. Se ad esempio si prevede un eccesso di domanda si contratterà un prezzo maggiore rispetto a quello di oggi, e viceversa un prezzo minore se la previsione è quella di scarsità di domanda. Questo tipo di mercato è di per sé “speculativo” poiché le previsioni sul futuro possono differire, oltre che essere influenzate.
Quanto più il mercato a termine è ampio – ossia ad esso afferiscono molti operatori – tanto più esso è stabile. Se invece esso è ristretto risente di decisioni di pochi operatori ed è quindi più instabile, in quanto bastano poche scommesse sul futuro per influenzarlo. Il mercato di Amsterdam su cui si contratta il metano in Europa è piuttosto ristretto, e questo spiega molto della sua instabilità.
Articolo 27
In questi ultimi mesi l’economia mondiale fa i conti con le conseguenze non solo della pandemia e della guerra, ma anche dei problemi ereditati da tendenze internazionali e politiche che avevano caratterizzato il primo ventennio di questo secolo. Mi riferisco alla globalizzazione e alla politica monetaria/fiscale del quantitative easing, ossia del finanziamento dei debiti pubblici con la creazione di moneta.Sul primo aspetto è riportato un articolo di D. Rodrik, noto economista di Harvard, che presenta al nuovo modello internazionale di produzione che dovrebbe sostituire la globalizzazione, paradigma economico e politico in via di superamento. Come scrive Rodrik, sono necessarie molte idee ed energie nuove e la pazienza e capacità di pilotare le economie in questi anni di transizione. Si richiede soprattutto una grande capacità economica e politica di innovare, sostenuta da modi diversi di intervento pubblico. E’ necessario riflettere sul nuovo paradigma che si imporrà, e sui suoi costi sociali, ma anche sui suoi possibili benefici, per i paesi occidentali. Indubbiamente, ma questo non è un pensiero espresso dall’autore, il conflitto tra i sostenitori del passato e quelli che guardano avanti sarà dovunque fortissimo, come le vicende della politica nazionale e internazionale mostrano. Il neoliberismo è agonizzante e bisogna guardare avanti.
Sul secondo aspetto è riportato un breve e chiarissimo articolo di F.Rampini pubblicato sul Corriere della sera. I modi classici per uscire dall’eccesso di debito e di moneta circolante ( quantitative easing ) sono in teoria due: una politica monetaria molto stringente, che porterebbe con sé una crisi insostenibile tenuto conto degli shock già sofferti con la pandemia e la guerra ucraina, oppure una buona dose di inflazione, che pure è molto costosa soprattutto per i risparmiatori, i pensionati e più in generale i price taker, ossia quei percettori di reddito che subiscono il prezzo del loro lavoro ( lavoratori dipendenti in generale ). Il fatto è che i debiti pubblici e non solo sono terribilmente elevati e il modo più immediato, e tutto sommato meno doloroso, per ridurne il loro valore reale e il rapporto debito pubblico/PIL è appunto l’inflazione. Per questo motivo, prevede Rampini, l’inflazione non sarà una febbre di breve durata.
Articolo 26
La BCE in questo mese di luglio ha preso due importanti decisioni.
La prima, largamente scontata, è quella di alzare il tasso d’interesse base, quello che essa applica ai propri crediti finanziari, di varia natura. L’obiettivo, noto, è quello di porre freno all’inflazione oltre che alla svalutazione dell’Euro a fronte del Dollaro che rende interessi più alti. Quali saranno gli effetti di questo intervento sull’inflazione, sui cambi e sull’occupazione si vedrà.La seconda è l’avvio del cosiddetto “scudo anti-spread”. Di questo si parla nell’articolo del prof. Angelo Baglioni ( Università Cattolica ) qui allegato. Il problema di questo nuovo strumento di difesa, utilizzabile soprattutto dall’Italia, è che non è garantito. Bisogna dimostrare di meritarselo. Si torna a un tema di cui in questa rubrica si è parlato più volte: solo una politica economica finanziariamente sana, comunque compatibile con una degna politica sociale, può garantire la protezione dello scudo. E’ sempre,e giustamente, la stessa storia: nessun pasto è gratuito.
Articolo 25
L’articolo qui indicato è scritto da D.Rodrik, noto studioso di problemi dello sviluppo economico e delle istituzioni, professore ad Harvard.In buona sostanza l’articolo, scritto in modo molto semplice e chiaro, segnala cosa è cambiato e sta cambiando nello scenario economico e politico internazionale. La fase della globalizzazione e del neoliberismo sta tramontando e si intravede un nuovo scenario caratterizzato dalla riappropriazione della produzione manifatturiera da parte dei paesi più sviluppati e dal rilancio produttivo dei territori nazionali. E’ una buona notizia per l’Italia, se saprà cogliere le occasioni che si prospettano per un paese che ha mostrato poca simpatia per la globalizzazione e ha valorizzato il proprio territorio nazionale o, meglio dire, parte di esso.
Articolo 24
La conferenza che si trova sul sito di Youtube qui sotto indicato è tenuta da J.Stiglitz, notissimo economista statunitense, premio Nobel per l’Economia nel 2001. In questo intervento Stiglitz spiega la complessità della situazione in cui si trovano i policy maker delle economie occidentali per l’effetto della presenza congiunta di un’elevata inflazione – in parte di natura esogena ossia dal lato dei costi delle materie prime -, di un alto indebitamento pubblico di molti paesi e della congiuntura che muove sempre più verso la recessione. La politica economica, fondamentalmente quella monetaria, deve giostrarsi nella ricerca obiettivi tra loro contrastanti: cercare di frenare l’inflazione – aumento del tasso d’interesse -, non affossare l’economia nella recessione e non aggravare troppo l’indebitamento pubblico, con l’aumento degli oneri per interesse.
Articolo 23
Nella storia economica del mondo, fin dai tempi dell’Impero romano, uno dei due segni della potenza del “centro dell’impero” era la diffusione e l’uso della moneta codificata dal “centro” nei territori controllati. L’altro segno di potere era l’esercito. Il vantaggio del “signore dell’impero” era il così detto Diritto di signoraggio, ossia il potere coniare o stampare moneta, teoricamente senza limite, evitando di incappare in altri problemi, come l’inflazione ( eccesso di creazione di moneta).L’accordo di Bretton Woods (1944) stabilì che la moneta internazionale con cui si facevano scambi e compensazioni internazionali era il dollaro. La supremazia del dollaro continuò anche dopo la fine di fatto dell’accordo, quando nel 1971/72 si passò dai cambi fissi legati al dollaro a quelli flessibili. Gli Stati Uniti erano ancora il “centro dell’impero”, quanto meno economico. Mancavano concorrenti al dollaro come valuta internazionale. L’euro era troppo debole. Naturalmente era ed è un grande vantaggio per gli Stati Uniti che possono, entro i limiti consentiti dalla stabilità del dollaro stesso, creare dollari che il globo assorbe per i propri commerci. I dollari creati coprono il deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti. Ora le cose cominciano a cambiare e si fanno avanti concorrenti potenzialmente pericolosi per gli Stati Uniti. Il concorrente vero e decisamente forte è la Cina.L’articolo pubblicato dal FMI e qui allegato spiega cosa sta succedendo.
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/31a43e0
Articolo 22
Il giorno 31 maggio il Governatore della Banca d’Italia ha presentato la sua Relazione all’Assemblea dei soci, accompagnandola come sempre con le sue “Considerazioni finali”, documento qui allegato.Fino a quando la Banca d’Italia fu la Banca Centrale Italiana (1998) queste Considerazioni costituivano un documento di primaria importanza economica e politica perchè contenevano le valutazioni spesso critiche della Banca Centrale, forse il soggetto più autorevole e decisivo della politica economica italiana, sulla situazione economica e sulle politiche economiche attuate dal governo e su quelle a suo parere da attuare. Dal 1999 è subentrata la BCE nel ruolo di Banca Centrale. Il documento della B.I. è rimasto pur sempre importante perchè offre un quadro sintetico e indipendente dello stato di salute dell’economia italiana e delle terapie per rafforzarla. Le Considerazioni di quest’anno, oltre a riprendere un tema accantonato da decenni, quello dell’inflazione, danno più del solito spazio al ruolo delle innovazioni introdotte dalle banche e dalla finanza.
Articolo 21
Le Banche Centrali ( FED, BCE, BOJ, etc.), alle quali ormai da tempo spetta la maggiore responsabilità di guida delle economie nazionali tra la crescita stabile e l’inflazione, si trovano oggi di fronte a una scelta difficile: l’inflazione cresce forte e per porvi un freno dovrebbero aumentare progressivamente i tassi d’interesse, azione a cui seguirebbe solo nel medio periodo un rallentamento dell’inflazione, ma nel breve un rallentamento della crescita e un aumento della disoccupazione. Le economie entrerebbero pertanto in uno stato di stagflazione, i cui costi sono stati già sperimentati negli anni ’70. C’è quindi chi le criticano perchè hanno atteso troppo nel dare avvio all’aumento dei tassi d’interesse, che peraltro la BCE non ha ancora attivato. C’è chi dice che il forte aumento dei prezzi fosse prevedibile e proprio per questo motivo l’azione delle banche centrali è tardiva. In effetti tale aumento era nelle cose molto probabili ( vedi al riguardo quanto scritto su sito AEEE nel 2020 FABIO RIESCI A RECUPERARE IL RIFERIMENTO AL LUNGO MIO SCRITTO IN TRE PUNTATE CHE AVEVAMO MESSO SUL SITO E INSERIRE TALE RIFERIMENTO QUI ?- ). Le Banche centrali, e in particolare la BCE, si erano professate assai ottimiste sulla presunta natura temporanea dell’inflazione. Questo atteggiamento era però anche piuttosto comprensibile perché un semplice segnale di dubbio da parte della banca centrale avrebbe dovuto essere subito seguito da un aumento dell’interesse, pena la credibilità della banca centrale.
L’articolo di K. Rogoff, autorevole professore di Economics and Public Policy ad Harvard, si riferisce proprio a questo aspetto della politica monetaria, per quanto riguarda gli Stati Uniti e la FED: quale è il grado di autonomia effettiva della FED rispetto al Congresso e al Governo? Posto in altri termini, il quesito è: a chi spetta effettivamente la scelta tra inflazione e crescita, che ha un’intrinseca natura “politica”? Forse è più facile criticare che capire.
Articolo 20
La guerra ucraina e le sue conseguenze ( rallentamento della crescita e aumento della spesa pubblica ) riportano all’attualità il problema del debito pubblico in Italia.
Lo scritto allegato spiega perchè e traccia una rapida storia del debito pubblico italiano a partire dall’Unità d’Italia.
Articolo 19
S. Srivastava, associated professor di Political Science alla Purdue University (USA) ha pubblicato sul sito Promarket la sintesi di un suo lavoro CorporateSovereigns and the Emergence of State Sovereignty: A Closer Look at the East India Compny. E’ una ricerca storica che esamina e interpreta l’evoluzione istituzionale della English East India Company in Gran Bretagna a partire dal ‘600. racconta di un passato lontano, che tuttavia offre spunti per l’ attualità.
Quando a partire dalla metà del ‘500 l’Europa capì che il mondo si estendeva al di là dei propri confini e comprese quali grandi vantaggi avrebbe tratto dal commercio con i nuovi territori, per svilupparlo diede vita a nuovi strumenti istituzionali. Nacquero così le chartered company ( Compagnie commerciali privilegiate ), società private la cui esistenza e limiti, e il cui monopolio erano garantito dallo stato. Questa innovazione riguardò non solo l’ Inghilterra ( Russia company, English East India company, Virginia company, Royal African company – alla quale era delegato il commercio degli schiavi tra Africa e colonie inglesi), ma anche l’Olanda, la Germania, il Canada, etc. Tra queste la società che ebbe vita più lunga e prospera fu la English East India company.
S. Srivastava spiega come nel corso del ‘700 questa si emancipò dal controllo statale, si rafforzò enormemente dal punto di vista economico, politico, e militare. Vi furono momenti in cui il suo esercito era più forte di quello nazionale. Per lungo periodo determinò la politica britannica in India e nei paesi limitrofi, tra cui la Cina. A fine ‘700 ebbe problemi economici e lentamente lo stato ne riprese il controllo, cosa che avvenne in via definitiva nella seconda metà dell’ ’800, in concomitanza con il consolidamento dell’egemonia coloniale del Regno Unito nel mondo. L’autrice in particolare esamina l’evoluzione dei rapporti istituzionali tra questa compagnia e stato, su come i suoi interessi condizionarono per un lungo periodo la politica coloniale inglese, e come alla fine lo stato riprese il controllo della propria politica.
Questa narrazione storica getta luce sull’attualità. Soprattutto in tempi di globalizzazione, ma anche prima, la politica commerciale – e internazionale – degli Stati Uniti e successivamente della Cina, è guidata o comunque molto influenzata dagli interessi di grandi gruppi privati o pubblici. Vi è stata anche la privatizzazione di forze militari. Non è solo il caso di questi due paesi, come insegna la storia recente di molti altri paesi europei e asiatici. E’ questo un tema storico che si presta anche a essere utilizzato sul piano didattico, parlando di imprese, di commercio internazionale e di storia tout court.
Articolo 18
La pubblicazione contiene i risultati di una ricerca della Brookings Institution, una delle più reputate istituzioni statunitensi, attenta a problemi economici e sociali, con attenzione primaria agli Stati Uniti. E’ ricca di informazioni sull’andamento dei profitti, dei salari nelle maggiori corporation statunitensi. La ricerca evidenzia in modo eclatante come i veri beneficiari della crescita degli ultimi decenni siano stati quasi esclusivamente i percettori di profitto e i lavoratori più qualificati, ossia una minoranza assoluta di soggetti. Emerge anche come le corporation che hanno maggiormente beneficiato della crescita dei profitti molto raramente hanno cercato di seguire una politica salariale coerente con i successi ottenuti.Una sintesi molto precisa del lungo contenuto della pubblicazione è contenuta nelle prime pagine ( Executive summary ). Inoltre i grafici raccontano in modo compatto ed evidente il contenuto dello studio.
Articolo 17
Il breve documento qui presentato è una sintetica analisi fatta dal Fondo Monetario INternazionale (IMF) sull’impatto che ha ed avrà la guerra combattuta in Ucraina sulla crescita e sull’inflazione nel mondo, diviso in più aree. L’analisi conferma che chi più ne subisce i costi, sia in termini di crescita che di inflazione, sono i paesi più poveri. Questo d’altra parte è anche quanto avviene all’interno di ogni paese, tra cui l’Italia.
Articolo 16
Negli ultimi due anni la politica di approvvigionamento di prodotti energetici da parte dell’Europa e dell’Italia in particolare ha improvvisamente dovuto urgentemente prendere in considerazione due nuovi obiettivi: 1) sostituire fonti che contribuiscono al riscaldamento atmosferico ( carbone, petrolio, gas, etc,. ) con fonti alternative ( eolico, solare, etc.); 2) ridurre e superare la dipendenza dall’importazione di gas dalla Russia. Di per sé i due obiettivi potrebbero portare a una politica che soddisfa i due obiettivi, ossia quello di ridurre l’import di gas dalla Russia e sostituirlo con fonti alternative. L’articolo che segue indaga su alcune delle difficoltà che si frappongono a questa scelta.
Articolo 15
Questo articolo è stato pubblicato dalla Breugel Organization, un Think tank europeo che segue temi politici ed economici. Offre suggerimenti per una politica fiscale mirata alla riduzione dell’indebitamento pubblico nei paesi europei. L’articolo utilizza un modello matematico non complesso e di comune uso , che aiuta a capire come interagiscono le variabili debito pubblico, PIL, e interessi nel determinare la dinamica del rapporto debito/PIL. Il testo contiene anche una serie di tabelle e grafici che danno un’immediata idea della dimensione dei problemi esaminati.
Articolo 14
Questo breve commento pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale offre una valutazione degli effetti che la crisi ucraina potrebbe avere sulle varie aree dell’economia mondiale, a partire dagli effetti sull’aumento dei prezzi delle materie prime.
Articolo 13
Questo breve articolo pubblicato dal FMI mostra gli effetti della pandemia covid e dell’inflazione sull’industria manifatturiera di alcuni paesi europei. Mostra che i sistemi più forti, ma rigidi, come quello tedesco, patiscono queste situazioni d’incertezza più di altri, come l’Italia, più deboli ma flessibili. E’ una costatazione che ha un senso anche più ampio
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/30b0c98
Articolo 12
Prezzo dell’energia una crisi diversa dalle altre
Gli autori Marzio Galeotti ( Università di Milano ) e Alessandro Lanza (Direttore Fondazione ENI Enrico Mattei) affermano che la crisi energetica di oggi sembra diversa da quelle del passato. A determinarla contribuiscono vari fattori, dalle mire imperiali russe alla transizione energetica cinese. Superarla richiede un sempre maggiore coordinamento, almeno a livello europeo.
L’articolo, recentemente pubblicato su lavoce.info, tratta della recente impennata dei prezzi dei prodotti energetici (petrolio, metano in particolare), e ne spiega le specifiche cause e caratteristiche. Va ricordato che l’aumento di questi prezzi è la causa primaria della vampata inflazionistica degli ultimi mesi. Un tema di grandissima attualità, che può essere sviluppato in diverse direzioni.
Articolo 11
Economia | Inflazione, i conti sul retro della busta
In questo breve ma denso articolo Andrea Boitani, dell’Università Cattolica di Milano, tratteggia la situazione dell’inflazione nei paesi europei, così come calcolata dalla BCE. Ma come mettere sotto controllo i prezzi? Quali politiche monetarie adottare? La risposta apre riflessioni utili per le classi e i docenti.
Articoli 9 e 10
Era plausibile prevedere che la politica di grande espansione monetaria – seguita negli USA e in Europa dopo le crisi finanziaria del 2008 e quella pandemica del 2020 – sarebbe sfociata in un processo inflazionistico, più o meno rapido e diffuso. Questo è avvenuto e non si prevede che sia un fenomeno capace di spegnersi senza intervento esterno. Ora i veri “padroni” della politica economica, ossia le banche centrali, si pongono di fronte all’inflazione con posizioni diverse: più anti inflazionistica è la posizione della FED, più cauta quella della BCE, condizionata dal fatto che sia il processo inflazionistico sia i debiti pubblici hanno nei vari paesi dell’UE un peso assai diverso.
Articolo 10
Fed pronta alla “normalizzazione”. Ma quale? https://www.lavoce.info/archives/92502/fed-pronta-alla-normalizzazione-ma-quale/
In questo articolo Emilio Carnevali (Northumbria University – Regno Unito) spiega come la situazione attuale degli USA sia assai diversa da quella prepandemica e porre freno all’inflazione sia diventato un obiettivo importante per la politica monetaria. Mostra quindi quali siano le prospettive di politica economica degli USA, prospettive di cui la BCE dovrà prima o poi tener conto
Articolo 9
The High Stakes of Rising Inflation
In questo articolo Otar Issing (della Goete University, Frankfurt ed ex membro del c.d.a. della BCE) discute delle prospettive inflazionistiche negli USA e UE e delle prospettive della politica economica e monetaria nelle due aree
Articolo 8. WORLD INEQUALITY REPORT 2022
Summary_WorldInequalityReport2022_English.pdf
Il testo al link indicato contiene l’Executive summary del World Inequality report 2022, elaborato dal World inequality lab. Contiene dati e grafici estremamente semplici e chiari che descrivono l’evoluzione ( a partire dal secolo scorso ) e lo stato attuale delle diseguaglianze di reddito e di ricchezza in singole aree del mondo, tra singole aree del mondo e di genere.
E’ sicuramente un utile strumento didattico. Si tratta di un lavoro di una certa complessità e lunghezza, è corredato da molti dati e grafici, per altro indispensabili per valutare e capire la questione delle disuguaglianze in vari aspetti economici e sociali, quali il reddito, la ricchezza, il lavoro, le questioni di genere, l’ambiente. Il tema è attualissimo e i bellissimi grafici quasi parlano da soli nella loro chiarezza espositiva. Interessante e documentatissimo. Lo studio del testo, l’analisi dei dati e la comprensione dei grafici possono essere conclusi da una discussione nelle classi su eventuali proposte per modificare o meno e con quali strumenti economici e politici l’attuale situazione delle disuguaglianze.
Articolo 7. Se torna l’inflazione, la Bce cambia politica
Articolo 6. Monetary and Inflationary Traps https://www.project-syndicate.org/commentary/fed-inflation-policy-framework-has-become-a-trap-by-raghuram-rajan-2021-11?utm_source=Project+Syndicate+Newsletter&utm_campaign=eb241e6442-covid_newsletter_11_25_2021&utm_medium=email&utm_term=0_73bad5b7d8-eb241e6442-107382593&mc_cid=eb241e6442&mc_eid=3070b3647d
Il primo articolo, il N. 6 è scritto da R. Rajan ( Chicago University ) e il secondo, il N. 7, da A. Baglioni ( Università Cattolica, Milano). Entrambi si riferiscono a un attualissimo problema: come uscire dalla “trappola” in cui si trova la politica monetaria, e quindi la politica economica e tutta l’economia mondiale. Il così detto quantitative easing, ossia la politica monetaria attuata dalla FED nel 2008/9, dalla BCE dopo il whatever it takes di Draghi nel 2012/13, e poi ancora dalla FED e BCE nel 2020/21, è stata attivata per superare gli effetti della crisi del 2008 e del 2020 per evitare una probabilissima disastrosa caduta dell’economia internazionale.
Il quantitative easing consiste nell’acquisto da parte delle banche centrali di titoli, tra cui quelli del debito pubblico, a fronte del quale esse creano nuovi mezzi di pagamento ( liquidità ossia moneta ), che confluiscono al sistema delle banche e quindi al sistema economico, al netto della parte trattenuta dalle banche sotto forma di riserve. L’offerta di queste grandi quantità di moneta è stata accompagnata dalla diminuzione, fino all’azzeramento, dei tassi d’interesse. Il mercato monetario è dunque entrato e si è stabilizzato nella così detta “trappola della liquidità” di keynesiana memoria. Il basso tasso d’interessa favorisce il credito e quindi gli investimenti produttivi, ammesso ( e poco concesso ) che le imprese investano, ma alimentano anche i mercati finanziari ( soprattutto mercati azionari ) e/o l’inflazione. Se essa parte, come sta avvenendo anche per effetto di strozzature dell’offerta di cui racconta in articoli già pubblicati su questa Finestra, sorge il problema del come frenarla ( e porre anche un freno alla speculazione finanziaria ). Per frenare l’inflazione lo strumento appropriato è l’ aumento del tasso d’interesse. Le banche centrali dovrebbero vendere i titoli di cui dispongono e assorbire in tal modo parte della liquidità creata. Così facendo prima o poi un aumentano i tassi d’interesse e quindi il costo del debito pubblico e del credito delle banche al sistema produttivo e quindi la crescita. Sono ambedue effetti indesiderabili. Che fare allora ? Accettare l’inflazione o causare un freno alla crescita e all’occupazione, oltre che un maggior onere del debito pubblico ? E’ questo il dilemma,attualissimo, di cui trattano i due articoli qui indicati.
Articolo 5. Metals Demand From Energy Transition May Top Current Global Supply, December 8, 2021. By Nico Valckx, Martin Stuermer, Dulani Seneviratne, and Ananthakrishnan Prasad
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/2ffd8a7
Interessante elaborato del IMF (International Monetary Fund), che affronta le difficoltà molto oggettive a realizzare la transizione ambientale. E che segnala che dall’oligopolio concentrato dei produttori di petrolio si passerà a quello ancor più concentrato riguardante i nuovi metalli: problemi di ogni genere in vista!
Articolo attualissimo e di facile lettura, ben comprensibile a tutti gli studenti, descrive in modo accurato anche dal punto di vista statistico la situazione della ricerca e degli approvvigionamenti delle materie prime necessarie alla transizione ecologica. Vanno quindi sorvegliate le strozzature dal lato dell’offerta, che potrebbero costituire nei prossimi decenni questione prioritaria dell’economia mondiale..
Articolo 4. Shrinking capitalism: Components of a new political economy paradigm. Firm, market, and country level factors may weigh on metals production under a net-zero scenario
Gli autori – S.Bowles (Santa Fe Institute) e W.Carlin (University College London) – si chiedono come il capitalismo possa affrontare le nuove sfide che l’attuale contesto storico pone all’economia mondiale. Ne interpretano il funzionamento ed esaminano le politiche economiche poste in essere seguendo i tre principali “paradigmi” che si sono succeduti negli ultimi 150 anni (Liberismo classico, Keynesianesimo socialdemocratico, Neoliberismo), avendo presenti considerazioni economiche, etiche e istituzionali.
Il saggio, che si consiglia di leggere e utilizzare nelle classi in modo accurato, offre suggerimenti su come sia possibile “riformare” il capitalismo affinché possa offrire una risposta ai nuovi problemi sul tappeto. E’ un articolo ad ampio spettro, utile per interpretare il passato e riflettere sul futuro dell’economia mondiale e sul ruolo delle istituzioni, dei mercati e della società civile. L’economia emerge dal saggio come una scienza problematica e mutevole, aperta all’interpretazione dei fatti e al cambiare delle idee.
Articolo 3, The Choking of the Global Minotaur, 24 Novembre 2021: https://www.project-syndicate.org/commentary/us-supply-chain-coordination-problem-by-james-k-galbraith-2021-11?utm_source=Project+Syndicate+Newsletter&utm_campaign=26444461c3-sunday_newsletter_14_11_2021&utm_medium=email&utm_term=0_73bad5b7d8-26444461c3-107382593&mc_cid=26444461c3&mc_eid=3070b3647d
L’autore è James K.Galbraith, prof. of Government University of Texas at Austin. E’ pubblicato sul sito project-syndacate.org. Spiega come le “strozzature” nell’offerta all’interno della “supply chain” globale, causa di forti aumenti dei prezzi, non siano determinati da inefficienze o da eccessi di domanda, ma dal fatto che la “supply chain” non prevedeva eventi come la pandemia.
L’articolo è interessante perché mostra quanto sia rilevante il ruolo dell’organizzazione del lavoro, per collegare le dimensioni produttive, le forniture di materie prime e semilavorati, i trasporti e la logistica a livello internazionale. Il blocco dei trasporti marittimi internazionali (a causa della pandemia) e la successiva ripresa della produzione e dei trasporti al manifestarsi del rallentamento della diffusione del covid-19 hanno posto problemi inusuali, che andranno studiati per divenire consigli per il futuro dell’economia.
Articolo 2, 20 Novembre 2021: Accounting for Climate Change
Questo articolo è scritto da Lucrezia Reichlin ( Prof. of Economics, London Business School) per project-syndacate.org, (sito che raccoglie e diffonde opinioni su temi di attualità espresse in modo intellegibile da parte di persone molto qualificate a livello internazionale).
La novità suggerita dalla Reichlin consiste nell’opportunità per le imprese di misurare, seguendo un modello internazionale standard, i costi ( potenzialmente da sostenere ) e i benefici ( che possono creare ) ambientali che possono influenzarne i loro bilanci. Tale valutazione sarebbe un importante strumento per misurarne il “valore economico” alla luce dell’impatto ambientale. E’ un passaggio necessario per indurre il mercato finanziario a tener conto delle esternalità determinate dall’ambiente, inserendo sia i maggiori profitti ricavabili ( ad es. una società che produce un disinquinante che avrà successo ) o costi ricavabili ( ad es.uso del carbone) all’interno dei valori d’azienda.
Articolo 1, 16 Novembre 2021: Soaring Metal Prices May Delay Energy Transition
https://content.govdelivery.com/accounts/USIMF/bulletins/2fb9a9d
Questo breve articolo è tratto da un blog attivato dall’ IMF ( International Monetary Fund)
Tratta dell’andamento dei prezzi di alcuni metalli essenziali per la produzione di beni afferenti alle nuove tecnologie, andamento che segnala l’esistenza di strozzature dal lato dell’offerta che possono essere all’origine di spinte inflazionistiche.
L’articolo offre numerosi spunti di carattere micro e macro economico e anche di carattere aziendale relativamente alle problematiche della transizione verde e tecnologica, collegata all’obiettivo di zero-emissioni nel 2050. Le strozzature sul lato dell’offerta pongono problemi sul versante dell’organizzazione degli approvvigionamenti di rame, cobalto, nichel e litio, dei costi di produzione, e quindi potrebbero avere un impatto inflazionistico nei prossimi decenni. Alcuni grafici arricchiscono l’analisi dello scenario dei prezzi. Ma ogni previsione è fortemente aleatoria e dovrà essere sottoposta alla verifica degli effettivi andamenti economici nei prossimi decenni.