Pubblichiamo l’articolo “La Cenerentola della Buona Scuola” di Mavina Pietraforte, Dirigente tecnico Miur, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, apparso su eduscuola come utile contributo al dibattito sul Liceo Economico Sociale
“Non è il momento di inserire, nel nostro ordinamento scolastico, lo studio del diritto e dell’economia politica in tutte le scuole superiori! Non lo è ancora, non lo è mai stato. “
Così scrive l’ Avv. Maria Giovanna Musone (Apidge Piemonte).
Infatti nessuna delle proposte contenute nel documento La Buona scuola sono state recepite nel DDL 2994, come risulta dal testo liquidato alla Camera.
L’insegnamento del diritto e dell’economia
Insegnare una materia come quella ricompresa nel diritto e l’economia (classe di concorso A019, per gli addetti ai lavori), è sempre stato un po’ una sfida.
È una materia che non ha il profilo certo e inevitabile dell’insegnamento di italiano. Neppure quello sicuro e svelto dell’insegnamento delle lingue. Perché si deve studiare diritto ed economia? Diritto, forse, ognuno ne vede l’utilità, ma economia? Economia politica, poi…! Aziendale, semmai, che si capisce di sicuro. Ai diplomati dell’istituto tecnico e professionale è utilissima e fondamentale, economia aziendale.
Con Cittadinanza e Costituzione è senz’altro più titolato il docente di storia a insegnare la Costituzione rispetto al prof di diritto!
Ma di sicuro ora l’insegnamento del diritto e dell’economia è proprio ricoperto di cenere dal DDL scuola. Come Cenerentola.
Proprio adesso che il liceo economico e sociale sostiene per la prima volta la seconda prova di diritto ed economia.
Una narrazione di insegnamento
Dispiace questo oblio. Lo dico, da insegnante di queste materie che amavo insegnare e che amo tuttora, dopo che ho superato il concorso per dirigente tecnico proprio nel settore discipline giuridiche ed economiche.
Così posso raccontare di come mi sentivo, all’inizio della carriera ad insegnare materie che venivano considerate solo teoriche, allora poi, nel lontano 1987 c’erano solo libri di testo pieni appunto di testo scritto, senza una evidenziazione, un glossario, nulla. Per fortuna i libri di testo con il passare degli anni sono diventati più colorati e facili da consultare.
E soprattutto c’era diritto a far da padrone sull’economia.
I colleghi con cui mi confrontavo erano quasi tutti di giurisprudenza, io venivo da scienze politiche e mi dilettavo a preparare lezioni con piccoli problemi economici. Ero sempre alla ricerca di colleghi di matematica disponibili ad intrecciare le loro lezioni con quello che io volevo spiegare di economia e che abbisognava di strumenti matematici.
Alcuni mi hanno ascoltato, con un collega pubblicai anche delle unità didattiche (come si diceva allora) sul vincolo di bilancio del consumatore per cui occorreva sapere le funzioni di utilità e lui aveva per questo utilizzato il programma applicativo ”derive”.
Era bello proporre ai ragazzi quell’accanimento matematico sull’economia, dovevo cercare di renderlo semplice, di far capire dove volevo arrivare, utilizzando un po’ di funzioni, qualche equazione.
Il viso semplice di una ragazza mi disse che le piaceva l’economia, perché c’era la matematica.
Con il tempo cambiai metodo, volgendo lo sguardo in parte all’economia aziendale, ma lì mi premeva far capire che non di azienda si trattava, ma di scelte per l’economia pubblica, di teorie economiche che potevano influenzare la visione politica delle cose. E allora mi incamminavo decisa verso la storia per cogliere i diversi momenti storici in cui era prevalsa una teoria economica anziché un’altra. E ci voleva il raffronto con il presente. Ma era difficile. Perché era già politica.
Mi veniva in soccorso allora il diritto, quando si doveva parlare dell’ordinamento giuridico, della Costituzione, dei suoi principi e dell’assetto dello Stato sociale. Di filosofia dello Stato.
Non era facile, i ragazzi dell’istituto tecnico non avevano gli strumenti per capire appieno la direzione. Rischiavano di imparare a memoria, giusto per l’interrogazione o la verifica scritta.
Non era facile per loro intuire la correlazione storico-giuridico-economica per la comprensione del sociale e non era facile neanche collegare il rigore della matematica con le “leggi dell’economia”.
Il Liceo economico e sociale e il suo futuro.
Ho poi incontrato, ormai da dirigente tecnico, l’opzione economico sociale del liceo delle scienze umane, il liceo economico e sociale, appunto. Qui i ragazzi possono avere qualche marcia in più, più pronti o disponibili per l’approfondimento anche teorico.
Ma già da subito, solo un’opzione, mi è sembrato poco. Ci vorrebbe qualcosa di più. Un indirizzo tout court.
Avvalorato magari dal fatto che con il DDL 2994 il diritto e l’economia sarebbero potute entrare prepotentemente nelle scuole.
E invece no.
Perché? Forse anche per i nostri politici e non solo a volte per gli alunni è difficile da accettare e concepire che a scuola si possa insegnare in modo così aperto e versatile, vedendo il tutto e non una parte, non facendo a pezzi le cose, ma facendone intravedere la rete concettuale che di per sé rappresenta una chiave interpretativa dei fatti del mondo.
O forse perché il liceo economico e sociale non decolla oltre il 2% di iscrizioni?
Mi sono chiesta il perché di questo stallo, altri molto più autorevoli e competenti di me se lo sono chiesto, ovviamente.
Per parte mia, ho guardato due cose: il quadro orario di diritto ed economia dei licei economici e le Indicazioni Nazionali (D.I. 211/10). Entrambi insufficienti. Tre ore alla settimana per insegnare ciò che alla rinfusa e in modo alquanto vago viene prospettato nelle Indicazioni. Si dirà, ma non sono mica i programmi di una volta! Sì, ma un minimo di approfondimento per ogni addentellato contenutistico credo sia necessario, per non cadere nella banalizzazione. Soprattutto considerato che gli obiettivi specifici di apprendimento, le linee generali e competenze per il diritto e l’economia dell’opzione economico e sociale sono gli stessi formulati per il biennio del liceo delle scienze umane, limitandosi a formulare altre definizioni di contenuti per il secondo biennio e il quinto anno.
Forse ci vuole uno sforzo ulteriore. Decidere ad esempio il taglio da dare a questi contenuti: se si vogliono curvare verso la matematica, nel primo biennio, sicuramente per la micro e parte della macroeconomia, se nel secondo biennio si vuole privilegiare l’aggancio con la storia e con il diritto.
Comunque rivoluzionare il quadro orario. E far scegliere ai docenti se vogliono insegnare diritto o economia. Coloro che provengono da giurisprudenza sceglieranno diritto e ben venga un approccio al metodo di caso per lo studio del diritto, ma i laureati in scienze politiche ed economia e commercio sicuramente daranno un’impronta più matematica allo studio dell’economia politica, come d’altra parte viene insegnata nelle Università.
Più ore, più ricchezza di metodi e contenuti, nuove Indicazioni che affondino nei contenuti per esaltarne la complessità.
Per esaltare, almeno nei licei economici e sociali, ciò che di giuridico e di economico si è perso negli altri ordini di scuole.