sabato 27 Luglio 2024
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    Qualche riflessione sulla seconda prova d’esame per i LES

    Editoriale

    di Roberto Fini

    La seconda prova dell’esame di Stato dovrebbe essere quella nella quale il candidato esprime le conoscenze che ha acquisito nel corso degli anni e il grado di competenze che ha raggiunto. È dunque, o dovrebbe essere, una prova impegnativa nella quale il candidato esprime il meglio di sé ed è quella che consente di valutare l’adeguatezza o meno del livello didattico riguardante le materie di indirizzo.
    Su aspetti così delicati è bene non dare giudizi troppo netti, ma se ci limitiamo a ragionare sulla prova somministrata nei LES, la seconda prova è stata a nostro avviso deludente. Non vogliamo esagerarne la portata, ma a nostro avviso la qualità della seconda prova rappresenta, nel bene o nel male, la punta dell’iceberg di difficoltà che, alquanto inspiegabilmente, si registrano tra docenti.
    Un esercizio di riflessione che prenda le mosse dalla seconda prova è senza dubbio istruttivo ed utile. A questo proposito il parere sul contenuto della seconda prova è per parte nostra sostanzialmente negativo: troppo generica e, soprattutto, fuori fase rispetto alla complessità che dovrebbe costituire il tratto più rilevante di tale prova.
    Il testo sembra essere ritagliato su schemi di carattere sociologico più che di tipo giuridico-economico. L’aspetto giuridico è quasi assente e le domande a cui è necessario rispondere sono poco stimolanti e poco coerenti con le letture che costituiscono il punto di riferimento dal quale prendere le mosse.
    La prova sembra fatta apposta per dimostrare quello che l’economia non è più da tempo (se mai lo è stata…): un esercizio retorico, un’estensione della filosofia con altri mezzi. Non c’è il riferimento ad un dato, non esiste la necessità di sviluppare un ragionamento qualitativo a partire da elementi quantitativi. Tutto si risolve nell’affermazione di generiche formule politicamente corrette (globalizzazione, diseguaglianza, ecc.), sulle quali il candidato non può che consentire in modo acritico.
    Se la seconda prova costituisce la punta dell’iceberg, allora è bene immergersi per esplorare qualche aspetto della parte nascosta. Un’immersione del genere è impegnativa e il rischio di procedere in una direzione non corretta è alto. Però è anche altamente necessario: si gioca su questi aspetti il destino qualitativo dei LES e la percezione che famiglie e ragazzi hanno dell’indirizzo.
    Partiamo da un elemento che fa da sfondo a tutto il resto: sembra essere presente una pesante differenza di giudizio fra la percezione che ha l’utenza e quella di quanti si sono adoperati per il varo e la navigazione dell’indirizzo. I primi spesso lo valutano “facile” perché non c’è il latino e spesso gli stessi orientatori spingono per l’iscrizione dei ragazzi che mostrano un curricolo scolastico più fragile. Autorevolmente, è stato detto che il LES rappresenta il “liceo della contemporaneità”, e che dunque deve rappresentare un strumento istituzionale in grado di far affrontare con consapevolezza i problemi economico-sociali posti dalla società d’oggi.
    Non vogliamo certo affermare che l’unica modalità per acquisire una soddisfacente alfabetizzazione economica sia quella di frequentare un LES, ma nelle intenzioni iniziali, peraltro confermate dalle linee guida che costituiscono la griglia orientativa dei contenuti, il taglio da privilegiare è caratterizzato dalla necessità di intraprendere un percorso didattico rigoroso e tecnicamente impegnativo.
    Non abbiamo dubbi che così sia stato interpretato dai Colleghi che insegnano nei LES ma se questo è vero, allora il testo della prova d’esame appare clamorosamente spiazzato rispetto alla pratica didattica e alle affermazioni delle linee-guida. Soprattutto sembra risentire di una tradizione culturale secondo la quale l’economia non è più nemmeno, crocianamente, una “tecnica”, ma la cugina povera della filosofia: un esercizio retorico nel quale ogni affermazione può tranquillamente essere apodittica quanto alle ipotesi di partenza ed ambivalente nelle conclusioni.
    Al contrario, l’economia è scienza rigorosa, nella quale le affermazioni logiche vanno supportate dai dati, per arrivare a conclusioni univoche che hanno poi effetti sulle generali condizioni socio-economiche delle persone. A questo proposito vi sono degli aspetti sostanziali riguardanti il LES che qui conviene almeno accennare.
    In primo luogo l’organizzazione oraria: tre ore alla settimana di diritto ed economia sono davvero poche per un liceo denominato economico-sociale. Non è certo il caso di aumentare il carico orario degli studenti, ma affermiamo che occorre pensare a scelte coraggiose, nelle quali un aumento delle ore destinate alle discipline di indirizzo corrisponde ad una riduzione del carico orario di altre discipline.
    C’è un’altra questione che ci sembra fondamentale nell’ambito delle criticità che caratterizzano il LES: fin quando sarà una “costola” del liceo delle scienze umane, sconterà una debolezza quasi inevitabile. In effetti, l’utenza tende a considerare il LES quale effettivamente è: un’”opzione”, una seconda scelta, nella quale peraltro economia e diritto hanno lo stesso peso delle altre scienze sociali ed umane ed insieme non costituiscono il nucleo forte del carico orario.
    Dal nostro punto di vista è indispensabile procedere al distacco dei LES dai Licei delle Scienze Umane: se ne avvantaggerebbero sia gli uni che gli altri perché si ridurrebbe il tasso di ambiguità disciplinare che attualmente caratterizza l’indirizzo.
    L’AEEE sta riflettendo intensamente sulla natura del LES e sui modi per farlo crescere: il primo passo è stato compiuto anni fa, quando l’indirizzo economico-sociale è stato introdotto nel sistema di istruzione: finalmente l’economia esce dal ghetto cui l’aveva confinata la visione crociana del sistema e approda all’istruzione liceale. È stato un bel passo in avanti! Una conquista importante che è stata alimentata attraverso i contributi di molti Colleghi, Dirigenti Scolastici, Docenti universitari. Ora ci aspetta un salto di qualità e le riflessioni sulla seconda prova devono servire a migliorare ed affinare il percorso.
    Fermarsi ora sarebbe assurdo!

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