Le condizioni della crescita economica
a cura di Enrico Castrovilli
1.
La proprietà dei mezzi di produzione è stata storicamente una delle
condizioni della crescita economica. Le configurazioni della proprietà più
favorevoli per la crescita sono state giudicate in modo assai diverso dai vari
studiosi. Per i giusnaturalisti, a partire da Locke, la proprietà privata è
stata valutata come una sorta di protesi del lavoro umano, un modo concreto per
riconoscere l’attività svolta dall’uomo e per determinare la condizione più
favorevole per lo sviluppo civile ed economico. Per teorici come Rousseau e Marx
la proprietà privata è invece intesa come una sottrazione di potenzialità che
alcuni uomini hanno prodotto alla grande maggioranza degli altri uomini. Dalle
diverse idee di proprietà nascono diverse ipotesi di organizzazione economica e
sociale e di valorizzazione delle risorse produttive. Per i giusnaturalisti ed i
grandi economisti classici, come Smith, Ricardo non vi era dubbio che la
proprietà privata costituisse il quadro giuridico per la migliore
organizzazione della produzione. Al contrario nell’idea di Marx e dei suoi
seguaci la proprietà andava sottratta ai privati e consegnata allo stato allo
scopo di una migliore organizzazione sociale, in vista di una abolizione dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
2.
Per gli economisti classici le condizioni migliori della crescita
economica erano quindi realizzabili in un’economia di mercato, basata sulla
proprietà privata in cui una sorta di “mano invisibile” riesce a coordinare
il raggiungimento del benessere dei singoli con quello della collettività. Nel
XVIII^ secolo il mercato fungeva da strumento autoregolatore dell’allocazione
delle risorse e della produzione. Al contrario l’economia pianificata gestita
dallo stato viene ritenuta nel XIX^ secolo come indispensabile dalle teorie
comuniste e socialiste. All’interno di queste ultime teorie va distinto il
socialismo riformista, che appoggiava graduali cambiamenti della struttura
sociale e produttiva e che relativamente alla proprietà privata condivideva
l’affermazione di Proudhon “la proprietà è il furto; la proprietà è la
libertà”: la proprietà va generalizzata e garantita a tutti tramite graduali
riforme, non sottratta a chi già la possiede per conferirla allo stato.
L’idea di un’economia mista si preannuncia in queste tesi.
Nell’epoca
della rivoluzione industriale del XVII^-XVIII^ secolo le idee dei
giusnaturalisti e dei grandi economisti classici si affermano a partire
dall’Inghilterra e si diffondono in moli altri paesi. Le imprese private
divengono il ruolo privilegiato delle attività produttive, il lavoro salariato
si diffonde in tutti i maggiori paesi che via via raggiungono
l’industrializzazione.
3.
Nel XIX^ e XX^ secolo le contrapposizioni politiche ed ideologiche sono
state molto radicali e sono state sperimentate vie diverse per la crescita
economica. A cavallo tra il XIX^ e XX^ secolo si è riscontrata una fase di
sostenuta crescita economica, l’affermazione di nuove produzioni industriali,
una grande fiducia nella crescita economica e nel ruolo delle imprese, il
tentativo di conquistare nuovi mercati al di fuori dei confini nazionali. La
teoria economica prevalente diviene quella neoclassica, che studia le scelte
ottimali al margine dei vari operatori economici. Ma ai primi decenni del 1900
viene tentata la via della società comunista, con la Rivoluzione d’Ottobre in
Russia e l’integrale statalizzazione dell’organizzazione produttiva. In
molti altri paesi, in particolare dopo la crisi che nel 1929 incrinò la fiducia
nell’economia di mercato autoregolata, anche sulla base delle idee della
rivoluzione di Keynes la presenza dello stato è divenuta più massiccia e
penetrante, assumendo la caratteristica di un’economia a proprietà mista, con
la finalità di assicurare il benessere (Welfare state) all’insieme della
popolazione. Le finalità della regolazione dell’economia viene a comprendere
obiettivi di redistribuzione, allocazione delle risorse e stabilizzazione
economica.
4.
Nella seconda metà del XX^ secolo le nette contrapposizioni dei decenni
precedenti lasciano spazio ad analisi intermedie tra le diverse concezioni della
crescita. Si distingue tra crescita e sviluppo, la prima solo di carattere
quantitativo, la seconda invece di carattere qualitativo e quindi legata
all’insieme delle caratteristiche umane, sociali ed ambientali delle
produzioni economiche. Le valutazioni sull’economia di mercato e sul ruolo
delle grandi imprese non sono sempre positive, ma anche queste attività si
realizzano con modalità significativamente diverse. La proprietà delle imprese
non coincide sempre con coloro che le controllano e le dirigono, gli interessi
degli azionisti o shareholders non trascurano quelli degli stakeholders, i
soggetti economici esterni all’impresa. I problemi della compartecipazione dei
lavoratori alla gestione e della tutela dell’ambiente acquistano un ruolo
crescente. Si rafforza il ruolo delle produzioni non-profit, imprese che non
hanno il profitto come unica bussola di direzione, ma che pongono altre finalità
alla propria attività d’impresa.
Ma
proprio nel momento in cui l’impresa privata sembra essere messa in
discussione, la sua forza innovatrice, quella che Schumpeter definisce di
distruzione creatrice, non cessa di essere un valore irrinunciabile. La
legislazione anti-trust a tutela della concorrenza trova spazi crescenti nelle
economie di tutti i paesi industrializzati. Le imprese si mostrano capaci di
modificarsi, appiattendo la struttura organizzativa, delocalizzando le
produzioni su scala planetaria, ricercando nuove regole per realizzare
transazioni snelle e meno costose.
La
discriminante all’inizio del XXI^ secolo non appare più quella tradizionale
tra mercato poggiato sulla proprietà provata e interventi dello stato: Si
assiste ad un intersecarsi tra il ruolo dello stato e quello del mercato, con
reciproci riconoscimenti ed intersezioni dei ruoli.
La
discussione con gli allievi sull’economia potrebbe utilmente svilupparsi di
conseguenza sui punti di forza e di debolezza dello stato, sui punti di forza e
di debolezza del mercato, per definire i compiti di ciascun meccanismo
regolatore dell’economia. In ogni caso i problemi della crescita e dello
sviluppo non cessano di essere punti di riferimento per chi si occupa delle
imprese e dei sistemi economici.