Conoscenza, comunicazione mediata e abuso del
cellulare.
“Il cellulare sta cambiando la nostra vita, siamo i
promotori di nuovi modelli di comunicazione e d’interazione, che coinvolgono
il rapporto affettivo che intratteniamo con gli altri, e non sempre siamo
consapevoli di essere stati influenzati, in questo, proprio dallo strumento
tecnologico che usiamo quotidianamente.”
E’
nella relazione che nasce la conoscenza dell’altro, di una persona come di un
libro, di un film come di
un’immagine. Ed è sempre nella relazione col mondo, nel confronto che nasce
dall’entrare in rapporto “con” che, sentendo, provando delle emozioni,
acquisiamo la consapevolezza di esistere: conosciamo e quindi ci riconosciamo.
La
comunicazione è questo scambio continuo tra diversi. Essa è inevitabilmente
influenzata dal nostro vissuto personale, come dal contesto interattivo in cui
ci muoviamo, che è culturale, sociale ed economico allo stesso tempo.
La
società attuale, caratterizzata dalle innovazioni tecnologiche multimediali,
offrendo l’opportunità di ampliare, di accrescere le nostre relazioni - la
nostra conoscenza - ha introdotto nuovi comportamenti nella vita quotidiana, che
hanno inevitabilmente modificato la comunicazione e l’interazione umana.
Nella comunicazione mediata si
è insinuato a nostra insaputa il bisogno di essere sempre in contatto con
“altro”, luogo e/o persona.
Responsabile?
Un
bene preziosissimo, un possesso indispensabile, più importante di molte altre
cose, e del quale soprattutto, non si può fare a meno:
il telefono cellulare.
Lo
Psicologo Luciano Di Gregorio, nel suo libro “Psicopatologia del cellulare:
dipendenza e possesso del telefonino” – Franco Angeli/Le Comete, 2003 -
analizza le diverse funzioni psicologiche che intervengono nella comunicazione e
nell’interazione a distanza, e come esse si accompagnano alle funzionalità
tecniche e multimediali dei sempre più sofisticati telefonini.
Il
rapporto quotidiano che molte persone hanno stabilito con il loro cellulare e la
funzione psicologica che esso svolge modifica la cognizione di realtà ed espone
ogni individuo al rischio psicopatologia.
I
telefonino-dipendenti sono persone di tutte le età, cultura ed estrazione
sociale sintonizzate in modo autoreferenziale sul loro oggetto tecnico; ce ne
sono oggi tanti, anche tra gli
studenti, che durante le lezioni, in un momento di non-comunicazione con
l’esterno, non sopportando la separazione dalla rete sociale di riferimento,
appena possono “smanettano” col telefonino per mandare Sms.
Non
riusciamo più a fare a meno di essere sempre in contatto con l’altro, e
quando non riusciamo più a sopportarne la distanza fisica, per placare
l’ansia che deriva dall’assenza di comunicazione, digitiamo subito un numero
dalla rubrica del nostro cellulare – non c’è bisogno di accenderlo, è
sempre acceso - squillo… ed ecco che si sente la sua voce. Tranquillizzati
della sua presenza nella nostra vita e rassicurati sul dove si trovi, la nostra
ansia si placa, il senso di abbandono svanisce: il cellulare ha assolto il suo
compito, ha magicamente annullato la distanza e la separazione.
Avere
oggi, in qualsiasi momento e luogo, la possibilità di fare una telefonata,
mandare e/o ricevere un messaggino, una e-mail, una immagine tramite Mms, e da
non molto potersi anche videotelefonare, ci permette di modulare la relazione
con lo spazio e con il tempo in funzione di una condizione personale interiore,
di un bisogno affettivo emergente. Ciò ci rassicura, e il potenziale sentimento
di insicurezza che la realtà quotidiana ci rimanda come per incanto scompare.
Rimane, però, in noi una forma
di dipendenza dall’oggetto tecnico che si alimenta da sola con l'uso
ripetitivo: averlo diventa indispensabile, non averlo provoca ansia e disagio.
A lungo andare tutto questo cosa potrebbe provocare?
Potrebbe farci perdere la nostra autenticità, alterare la nostra cognizione, non favorire più la semplice comunicazione che non sia mediata e a distanza, non aggiungere alcun elemento di conoscenza del rapporto tra sé e l’altro. Potrebbe eludere la scoperta e l’accettazione della realtà in quanto tale, a favore di un viaggio continuo nell’immaginario, governato da un’azione obbligata, che la padroneggi per lenire l’ansia dell’incertezza.
Tutto ciò potrebbe, inoltre, disabituarci alla capacità di fare memoria degli affetti, di usare la mente per la produzione del pensiero e di immagini, renderci più fragili nel contatto emotivo diretto.
Queste sono solo alcune delle riflessioni, da cui prende spunto l'autore, che ci possono permettere di ascoltare una voce “altra”, di avere una visione più ampia, di allargare, quindi, anche all’ambito psicologico, oltre che economico, gli effetti di uno degli strumenti tecnologici di uso quotidiano.
Anna Maria Simonelli
Luciano Di Gregorio , psicologo e gruppoanalista, svolge attività di psicoterapeuta a Milano. Socio ordinario della Società Gruppoanalitica Italiana (SGAI), è autore di numerosi articoli di settore; per la Franco Angeli ha già pubblicato Lo psicoanalista tascabile: istruzioni per orientarsi nella vita affettiva (2000).