RAGIONANDO ATTORNO ALL'INCERTEZZA

MATERIALI DIDATTICI PER CAPIRE ED INTERPRETARE L’INCERTEZZA NELL’ECONOMIA E NELLA SOCIETA’

 A cura dell’AEEE-Italia

Associazione Europea per l’Educazione Economica

Febbraio 2000

PRESENTAZIONE DEL DOSSIER AGLI ALLIEVI 

Il dossier che segue si propone di sottoporre a studenti di scuole secondarie superiori letture e materiali di lavoro relativi alla situazione di incertezza (produttiva, tecnologica, sociale, economica) che caratterizza molti aspetti della società d’oggi.

Il dossier è composto da brani tratti da testi o da quotidiani e da altri materiali didattici, sui quali si propone di svolgere delle attività di analisi e rielaborazione.

Gli allievi sono invitati ad operare nel seguente modo:

A.    interpretare le sette letture contenute nel dossier secondo la griglia di comprensione predisposta alla fine di ogni testo

B.    condurre una ricerca sulla situazione di una nota impresa italiana

C.    stendere una mappa concettuale sull’Incertezza

D.    esporre i risultati delle loro analisi sull’Incertezza il 28 Febbraio all’Università Bocconi di Milano in un Incontro a cui assisteranno docenti di scuole secondarie milanesi. (Vedi il programma allegato)

E’ una buona occasione per farvi ascoltare dai vostri professori!

 

Le attività indicate nei punti A, B e C potranno essere completate anche solo in parte, il punto D è invece richiesto a tutti gli allievi partecipanti.


PER I DOCENTI COORDINATORI DELL’ATTIVITÀ DIDATTICA SULL’INCERTEZZA

Si suggerisce ai docenti che vogliono realizzare nelle loro classi l’attività didattica qui proposta di operare nel modo seguente: 

1.    I gruppi di allievi si potranno formare liberamente nel numero e nella composizione, anche se il numero di ogni gruppo non dovrebbe superare i quattro-cinque studenti

2.    Essi potranno lavorare al pomeriggio o nelle ore del mattino

3.    Si suggerisce di proporre l’attività ad allievi delle quarte e quinte classi

4.    Si suggerisce di intervenire il minimo possibile nell’attività didattica degli allievi e solo su loro richiesta

5.    L’impegno richiesto agli allievi dovrebbe limitarsi a poche ore di lavoro di lettura, comprensione e rielaborazione

6.    Si prega di riconsegnare le schede da compilare contenute nel dossier entro e non oltre giovedì 24 Febbraio ai colleghi dell’AEEE-Italia con cui siete in contatto

7.    E’ essenziale che il gruppo di allievi si impegni ad intervenire all’Incontro in Università Bocconi del 28 Febbraio. (Vedi il programma allegato)

A. LEGGERE PER INTERPRETARE L’INCERTEZZA 

BRANO 1

Da EDI – Enciclopedia dell’Impresa

A cura di Stefano Zamagni

UTET Libreria 

Pag. 309 e 543) 

1. Riassumi la definizione di incertezza

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2. Riassumi la definizione di rischio

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3. Qual è allora la differenza tra incertezza e rischio? Puoi fare un esempio nel campo economico o sociale che faccia capire in cosa consiste questa differenza?

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INCERTEZZA

     Definizione 

Una condizione si dice incerta quando un individuo non è in grado di conoscere con defini­tezza le conseguenze delle sue azioni. Non sa quali conseguenze verranno dalla sua decisione (condizione 1), oppure è in grado di fornire un elenco delle conseguenze possibili ma non sa attribuire probabilità alle stesse (condizione 2). oppure è in grado di attribuire probabilità che però sono di carattere soggettivo (condizione 3), oppure le probabilità sono di tipo oggettivo (condizione 4). Ad esempio, all’acquisto di un biglietto di lotteria è associabile una probabilità oggettiva e calcolabile di vincere il primo premio. Invece vendendo a termine di sei mesi una partita di granoturco non è possibile individuare una probabilità di guadagno o di perdita rispetto al prezzo spot che si stabilisce tra sei mesi. Gli agenti economici possono naturalmente formula­re delle aspettative, circa il prezzo spot tra sei mesi, sulla base di valutazioni di probabilità implicite di carattere soggettivo, ovvero non calcolabili, indipendentemente dall’informazione e dalle credenze di ciascun individuo. La distinzione tra probabilità oggettive e soggettive ha trovato accoglienza sia nella teoria delle PROBABILITÀ’, sia nella distinzione, talvolta accolta, introdotta da Knight (1921), tra rischio e I. Al primo si attribuiscono oggettività mentre alla seconda soggettività delle probabilità.

RISCHIO

     Definizione 

Un individuo si trova a fronteggiare una situazione di R. quando può incorrere, con speci­fiche probabilità, in perdite o guadagni. Ad esempio l’acquisto di una azione Fiat implica entrare in una condizione di R. (assunzione di R.) in quanto il suo valore realizzabile tra tre giorni o tre mesi non è conoscibile al momento dell’investimento. R. significa diversi (favorevoli o sfavorevoli) esiti (payoff) possibili. La casualità di questi esiti è riconducibile a una rappresentazione probabilistica associata ad ogni esito. Mentre l’INCERTEZZA è condizione che non implica necessariamente l’eventualità di perdite, con il R. questa possibilità è sempre presente.

Il R. deriva la sua ragione d’essere da più fenomeni. Dal fatto che gli individui nelle loro scelte economiche non sono isolati ma interagiscono. Dal ritardo temporale che interviene quasi sempre tra un’azione e i suoi effetti. Infine il R. nasce perché l’uomo non controlla e non prevede esattamente ogni evento che generalmente si ascrive alla natura la quale può modificare in modo del tutto imprevedibile i risultati dell’agire degli individui.

Queste tre fonti di R. consentono di asserire che la realtà difficilmente permette perfetta prevedibilità (perfect forsight) degli eventi. Se compero un’auto scoperta usata pensando che l’estate sarà poco piovosa, il R. dipende dal fatto (a) che non so se mi vendono un’auto di buona qualità, (b) che tra il giorno in cui pago un anticipo sull’auto e quello in cui la ritiro il venditore può fallire e (e) infine che l’estate può rivelarsi particolarmente piovosa. 

Di Gianpaolo Rossini

BRANO 2

Z. Bauman: La società dell’incertezza,

Ed. Il Mulino Bologna 1999  

Pag.36-37, 63-63, 108-110 

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore in materia di Incertezza nella società postmoderna?

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi?

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3. Quale obiezioni si potrebbero portare alla tesi fondamentale dell’Autore?

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4. Perché l’Autore ritiene che i soggetti sociali della società postmoderna debbano “mantenersi sempre idonei e pronti ad assumere nuovi compiti/impegni” e “mantenere ampio lo spazio in cui muoversi”?

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Nella vita-come-gioco dei consumatori postmoderni, le regole del gioco cambiano continuamente nel corso della partita. La strategia più ragionevole è quindi quella di chiudere ogni partita velocemente in questo modo il gioco della vita, affrontato con intelligenza, porta a dividere la grande sfida onnicomprensiva, dalle enormi poste in gioco, in una serie di partite veloci e brevi con piccole poste in gioco. «La determinazione di vivere alla giornata» e «il raffigurarsi la vita quotidiana come una successione di piccole emergenze»9 diventano i principi guida di ogni condotta razionale.

Chiudere ogni partita velocemente significa evitare impegni a lungo termine. Rifiutare di sistemarsi in un modo o nell’altro. Non legarsi ad un posto. Non impegnare la propria vita per seguire un’unica vocazione. Non giurare perseveranza e fedeltà a niente e a nessuno. Non controllare il futuro, ma rifiutarsi di ipotecarlo: fare in modo che le conseguenze del gioco non si trascinino oltre il gioco stesso, e rinunciare alla responsabilità per quelle che si trascinano. Impedire al passato di influenzare il presente. In breve, isolare il presente da entrambi i lati, separandolo dalla storia. Abolire ogni forma del tempo che non sia una piatta raccolta o una sequenza arbitraria di momenti presenti; un presente continuo.

Una volta nascosto e non più un vettore, il tempo non struttura più lo spazio. Sulla terra, non esistono più il «da­vanti» e il «dietro»; conta solo più l’abilità di non stare fermi. L’essere in forma la capacità di portarsi velocemente nel luogo dell’azione e di essere pronti ad affrontare le esperienze così come vengono è più importante dello stare bene, ovvero l’idea di uno stadio di normalità da mantenere stabile e illeso. Ogni differimento, compreso «il differimento della gratificazione», perde significato: non esiste un tempo diritto e direzionato come una freccia che possa misurarlo.

E così l’ostacolo non è più quello di scoprire, inventare, costruire, mettere insieme (addirittura comprare) una identità, ma come evitare che questa si appiccichi. Una identità ben costruita e duratura si trasforma da attiva in passiva. Il punto fermo della strategia di vita postmoderna non è la costruzione di una identità, ma l’evitare ogni fissazione.

A quale scopo mai potrebbe servire la strategia dell’avanzare del pellegrino in questo nostro mondo? In questo mondo, non solo sono scomparsi i lavori che durano una vita, ma le professioni e i mercati che hanno acquisito l’abi­tudine disorientante di apparire dal nulla e di svanire nel nulla, possono difficilmente essere vissuti come vocazioni weberiane e per mettere il dito nella piaga, la domanda di particolari qualità per praticare tali professioni spesso non dura tanto quanto il tempo che ci si mette .ad acquisirle. I posti di lavoro non sono protetti, certamente non più della stabilità dei luoghi dove sono svolti…………

Pagg.36-37 

b) La deregulation universale: l’indiscussa e assoluta priorità accordata all’irrazionalità e alla cecità morale della competizione del mercato, la libertà senza limiti garantita al capitale e alla finanza a scapito di tutte le altre libertà, lo smantellamento delle reti sociali di fiducia costruite e sostenute collettivamente, e il disconoscimento di ogni ragione non economica, hanno impresso una nuova spinta all’inesorabile processo di polarizzazione, un tempo rallentato (ma solo temporaneamente come ora risulta evidente) dalle strutture legali del welfare state, della contrattazione dei diritti sindacali, della legislazione del lavoro e, su scala globale (ma in questo caso in modo meno convincente), dai primi risultati ottenuti dalle agenzie mondiali impegnate nella redistribuzione del capitale. La diseguaglianza, tra continenti, tra nazioni e, in modo più profondo, quella interna alla società, raggiunge ancora una volta proporzioni che il mondo di ieri, fiducioso delle proprie capacità di autoregolazione e di autocorrezione, sembrava aver superato per sempre. Secondo una stima prudente e cauta, la ricca Europa annovera tra i suoi cittadini circa tre milioni di individui senza fissa dimora, venti milioni di esclusi dal mercato del lavoro, trenta milioni di esistenze al di sotto della soglia di povertà. La trasformazione che dal progetto di una comunità custode dei diritti universali e di una qualità di vita accettabile e dignitosa, ci ha portato all’investitura del mercato come garante della possibilità universale di arricchimento personale, aggrava ulteriormente la sofferenza dei nuovi poveri, sommando l’offesa al danno, associando alla povertà l’umiliazione e la negazione della libertà di consumo che si identifica con l’umanità.

Gli effetti psicologici però, ricadono ben oltre la crescente schiera dei diseredati. Pochi individui sono così potenti da essere sicuri che la loro casa, per quanto salda e resistente, non sia frequentata dallo spettro di un crollo imminente. Nessuna occupazione è garantita, non c’è posizione che non possa indebolirsi, non c’è capacità o abilità la cui utilità sia in grado di durare a lungo. Con la stessa velocità con cui diventano risorse, l’esperienza e il know-how si trasformano in altrettanti svantaggi, ed anche le carriere più allettanti e promettenti si rivelano spesso strade senza uscita. Nella formulazione corrente, i diritti umani non comprendono il diritto a conservare il proprio lavoro, per quanto ben svolto; più in generale, non contemplano il diritto all’attenzione e al rispetto dei meriti acquisiti. I mezzi di sostentamento, la posizione sociale, il riconoscimento delle capacità e il diritto alla dignità personale possono svanire bruscamente e senza preavviso.

c) Le altre reti di protezione, tessute e tutelate con mezzi propri, le «trincee di seconda linea» un tempo messe a disposizione dalle relazioni di vicinato o dai rapporti familiari, dove si poteva trovare rifugio e curare le ferite procurate nelle dure battaglie della vita esterna, se non sono ancora del tutto smantellate hanno comunque subito un considerevole indebolimento. Parte della responsabilità è da attribuire alle nuove (ma sempre mutevoli) pragmatiche delle relazioni interpersonali, pervase ora dallo spirito dominante del consumismo che identifica nell’altro un potenziale mezzo per ottenere gradevoli esperienze. Qualsiasi cosa siano in grado di fare, le nuove pragmatiche non possono generare legami duraturi. Il tipo di legami che esse producono in abbondanza, incorpora clausole «a scadenza» e «a libera ricontrattazione», e non promettono né l’attribuzione né il conseguimento di diritti o di obbligazioni.

Un’altra parte di responsabilità è da attribuire all’abbandono e alla lenta ma inesorabile dispersione delle capacità/competenze sociali. Le realtà sociali che un tempo erano costruite e «tenute insieme» dalle capacità individuali e dalle risorse interne, tendono oggi ad essere mediate da strumenti e prodotti tecnologici offerti sul libero mercato. In assenza di tali strumenti le associazioni e i gruppi (se mai avessero avuto la possibilità di formarsi) si disintegrerebbero. Non solo la soddisfazione dei bisogni individuali, ma la stessa presenza e solidità di gruppi e collettività diventa sempre più dipendente dal mercato, e, inevitabilmente, ne riflette il carattere altamente volubile e instabile…..

Pagg.63/64

 

Gli uomini, che ormai non erano più futuri lavoratori o soldati (e le donne, la cui vita era rigidamente regolamentata da un paterfamilias a sua volta ben disciplinato dal modello della fabbrica/esercito), sono stati liberati dalle pressioni panottiche che spingevano all’uniformità. Con quelle forze ormai fuori gioco, comunque, la paura dell’incertezza non avrebbe più potuto essere sostituita dalla preoccupazione di evitare la devianza, come era accaduto all’inizio della società moderna. La paura era così destinata a sussistere e, se possibile, diventava ancora più profonda e spaventosa di prima poiché doveva essere affrontata apertamente. L’identità individuale rimane poco definita, fluttuante e «destrutturata» proprio come durante l’epoca moderna, ma la sua condizione appare ancora più grave e insopportabile, dal momento che i meccanismi di «ristrutturazione» perdono la loro forza normativa o semplicemente non ci sono più.

La riproduzione delle condizioni della vita sociale non è più conseguita con strumenti societari e collettivi, ma è in gran parte privatizzata, sottratta al dominio delle politiche statali e delle decisioni pubbliche. La «privatizzazione» indica in questo caso non solo che i poteri centrali stanno disperdendo le loro responsabilità e che le questioni relative all’integrazione sociale e alla riproduzione sistemica sono progressivamente lasciate al libero gioco dell’iniziativa privata. In realtà, «privatizzazione» significa che i processi sono ora largamente deistituzionalizzati: i servizi per chi vuole sfuggire l’irresolutezza e l’incertezza dell’esistenza non sono più forniti istituzionalmente o gestiti dallo stato. Così la paura dell’incertezza, non più mitigata, si mostra alle sue vittime in tutta la sua durezza. La sua forte pressione ricade sugli individui senza alcuna mediazione e deve essere respinta o neutralizzata solo dall’azione del singolo. Invece di suscitare un rapido adeguamento delle politiche amministrative, la paura della mancanza di certezza costringe gli individui ad un frenetico sforzo di autoformazione e di autoaffermazione L’incertezza deve ora essere vinta coni propri mezzi; l’insufficienza di spiegazioni e di rimedi esterni deve essere compensata da quelli «costruiti» in proprio.

Ma a questo punto, il fallimento o l’impossibilità di portare a termine il processo di autoformazione, genera ciò che chiameremo la paura dell’inadeguatezza, un nuovo timore angosciante destinato a sostituire il precedente timore della devianza. Non l’inadeguatezza «vecchio stile» misurata da lontano in base a un criterio definito e immutabile a cui ci si deve uniformare, ma una forma nuova e progredita: una inadeguatezza postmoderna, che rimanda all’incapacità di acquisire la forma e l’immagine desiderate, qualunque esse siano; alla difficoltà di rimanere sempre in movimento e di doversi fermare al momento della scelta, di essere flessibile e pronto ad assumere modelli di comportamento differenti, di essere allo stesso tempo argilla plasmabile e abile scultore.

Il cesello, le spatole e gli altri attrezzi per. scolpire sono reperibili nel mondo sociale (più precisamente, sono in vendita nei vari «negozi»), come pure gli schemi e i modelli già definiti per guidare la modellatura. Ma la responsabilità di intraprendere e portare a termine il lavoro ricade interamente sulle spalle dello scultore (un po’ come nel Processo di Kafka, dove il tribunale non ha mai citato in giudizio nessuno, ma sono gli eventuali accusati che devono scrivere la loro imputazione e cercare di ottenere l’udienza e il verdetto). Le figure del sovrintendente, del capo, dell’insegnante svaniscono, e con esse sparisce il loro potere di coartare ma anche la loro capacità di liberare dal peso della responsabilità. All’individuo spetta il compito/dovere di autogestirsi nelle proprie attività, di esaminare e controllare se stesso in modo minuzioso e di badare alla propria auto-formazione. L’individuo diventa il sorvegliante e l’insegnante di se stesso: rovesciando il senso della frase di Maurice Blanchot: ora tutti sono liberi, ma ognuno è libero nella propria prigione; la prigione che si è costruito liberamente da se stesso.

Di conseguenza non è più il compito di uniformarsi che motiva l’individuo ad impegnarsi nei doveri e nelle fatiche della vita, ma una sorta di metadovere: l’incombenza di mantenersi sempre idonei e pronti ad assumere nuovi compiti/impegni. Il compito/impegno di non diventare antiquato, esaurito, logoro; di non fermarsi per periodi di sosta troppo lunghi; di non ipotecare il futuro; di non compromettere il verdetto del tribunale nel caso la giuria decida di pronunciarsi, di non sentirsi vincolato dal verdetto di una sola giuria, di scegliere la giurisdizione a proprio piacimento, di mantenere ampio lo «spazio» in cui muoversi.

Pagg.108/110

BRANO 3

Angelo M. Petroni: Regole troppo vecchie per il mercato

Il Sole 24 Ore 27 Novembre 1999 

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore nell’articolo citato?

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi?

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3. Quale obiezioni si potrebbero portare alla tesi fondamentale dell’Autore?

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4. Perché l’equilibrio tra diritto e legislazione si sta spostando di nuovo a favore del primo nell’era della globalizzazione?

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di Angelo M. Petroni

Il caso Microsoft è emblematico del fatto che il rapporto tra regole giuridiche ed economia di mercato sta diventando sempre più importante. Ciò avviene per due ragioni. L’evoluzione dell’economia capitalistica presenta problemi nuovi, per i quali le regole giuridiche esistenti si rivelano inadeguate. Si pensi ai diritti sul software, o agli scambi in Internet. Inoltre, l’allargamento dei mercati ha comportato il problema del rapporto tra regole giuridiche diverse, ognuna valida in Paesi e in contesti d’affari specifici.È possibile che il duplice processo di “astrazione dell’economia capitalistica e della sua globalizzazione porti a riconsiderare la natura stessa delle regole. In effetti, vi è una differenza concettuale tra diritto e legislazione, e tra le regole che ne derivano. Il diritto è composto di regole che sono il risultato di una lunga serie di decisioni prese dai giudici, e delle opinioni dei giuristi. Esse non sono il prodotto di una singola volontà. Non sono neppure il risultato di invenzione, ma della scoperta di che cosa è considerato giusto o ingiusto, in qualsiasi epoca o società, dalla maior et sanior pars della popolazione.

Le norme giuridiche non prescrivono agli individui un comportamento specifico. Esse proibiscono quei comportamenti che possono danneggiare oppure che possono violare i diritti legittimi di altre persone. «Non devi rubare» non prescrive alcun comportamento specifico, nella vita di ogni giorno come nella vita economica. Queste norme sono regole astratte, poiché non indicano alcuno scopo specifico che debba essere raggiunto. La loro funzione è quella di massimizzare la possibilità, per ogni singolo individuo, di raggiungere i propri obiettivi senza impedire agli altri di fare lo stesso. Poiché il diritto è essenzialmente un processo di scoperta, le norme ingloberanno le regole di comportamento che sono effettivamente seguite dagli individui. Queste regole sono state adottate, tra le molte alternative provate, poiché sono quelle che meglio servono i fini di ogni individuo Diversamente, le norme giuridiche derivanti da una legislazione sono il prodotto di una volontà specifica. di un sovrano assoluto come di una maggioranza parlamentare. Una legislazione è un comando dato agli individui. Non massimizza le possibilità di tutti, bensì ha la funzione di permettere ad alcuni di raggiungere i loro obiettivi anche a spese della probabilità degli altri di raggiungere i propri. Nel corso della storia, diritto e legislazione sono esistiti simultaneamente, poiché i detentori del potere hanno sempre tentato di volgere a loro favore il processo di produzione di norme giuridiche. In grado minore, diritto e legislazione sono stati complementari. Infatti il diritto ha sempre avuto bisogno di un ordine politico sufficientemente stabile come ossatura per il proprio funzionamento. Il mutamento sostanziale che si è avuto in questo secolo consiste nel fatto che l’equilibrio tra diritto e legislazione si è spostato in favore della seconda. Ma oggi la situazione sta mutando. La legislazione è uno strumento normativo che per funzionare richiede due condizioni: uno Stato-Nazione chiuso, e una società con scarsa innovazione, legata a un’economia fondata sui beni materiali. Il processo di produzione centralizzata di norme non riesce a regolare in modo efficiente l’economia e la società tutta per la stessa ragione per la quale la pianificazione economica è fallita: i governi non possiedono tutta quella immensa conoscenza che è dispersa tra milioni di individui. Inoltre, lo scambio trans-nazionale, fatto in parte notevole di servizi e altri beni immateriali, diventa inefficiente se deve dipendere dalla compatibilità tra i diritti nazionali. Questo spinge da una parte alla costituzione di entità sovranazionali, come la Wto, che hanno una natura non assimilabile a nessuna delle forme tradizionali della politica. Ma dall’altro spinge alla creazione di veri e propri sistemi normativi privati, basati sulle pratiche seguite nel mondo degli affari. Si pensi a quanto accade per la finanza internazionale, per il commercio internazionale, dove si è venuto a formare un vero e proprio diritto mercantile internazionale che non dipende da un singolo sistema legislativo. Gli operatori rispettano queste nonne perché altrimenti sarebbero esclusi dalla comunità degli affari .Un altro caso rilevante è l’aumento di importanza degli arbitrati nel risolvere le controversie di affari. Gli arbitrati sono molto più rapidi dei tribunali, e gli arbitri decidono sulla base di pratiche comunemente adottate, che non sono sempre riconosciute dalla legislazione. Inoltre le parti ritengono che, avendo scelto gli arbitri, il giudizio sarà basato sull’equità e su pratiche comunemente accettate, non sulla casualità dei processi burocratici e sulla mera applicazione di decisioni politiche. L’autorità intellettuale prevale sul potere. L’evoluzione dei modi di produzione economica sta quindi favorendo una evoluzione delle norme giuridiche in una direzione che è più conforme ai principi del liberalismo che non a quelli delle visioni socialista e dirigista della società che hanno prevalso per la gran parte del Novecento. .Il caso Microsoft è emblematico anche di questa tendenza. Dopo la prima fase giudiziale seguita all’azione del Governo degli Stati Uniti contro la società di Bill Gates, lo stesso giudice Jackson ha reputato che la cosa migliore da fare nell’interesse generale fosse di incaricare un alto giudice federale di agire come mediatore, un arbitro senza poteri coercitivi, tra l’azienda e il Governo, in modo da trovare un accordo che soddisfi entrambi. Ha incaricato Richard Posner. che è uno dei più noti giudici americani, ma soprattutto è uno dei massimi studiosi di antitrust. Posner ha un approccio alquanto restrittivo alle normative antitrust, che considera utili in casi ben delimitati (come fu il caso della AT&T). Non è inverosimile ritenere che egli parta da un presupposto intellettuale favorevole alla Microsoft. Bill Gates sa che la soluzione che Posner proporrà è potenzialmente migliore della sentenza che verrebbe data da Jackson o dai giudici di appello. A sua volta il Governo sa che la proposta di Posner avrà tutto il peso della sua autorità intellettuale (la base del diritto, non della legislazione), e terrà adeguatamente conto degli interessi tanto dei consumatori quanto degli azionisti della Microsoft. Rifiutarla significherebbe ammettere che contro la Microsoft c’è un pregiudizio ideologico. Questa è la logica virtuosa della produzione decentrata del diritto.

BRANO 4

S. Alessandrini, G. Pini: Economia politica

Ed. Cisalpino, Bologna 1995 

Pag. 485-487 

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore nel brano riportato?

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi?

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3. Come i rapporti tra gli uomini influenzano il ruolo e i metodi dell’informazione?

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4. Quale ruolo può svolgere la comunicazione e la conoscenza nel ridurre l’incertezza soggettiva ed oggettiva?

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Capitolo 25

L’INCERTEZZA E L’INFORMAZIONE

L’INCERTEZZA, I SEGNALI E LE SCELTE INDIVIDUALI 

In un mondo privo di incertezza, il problema economico consiste in una applicazione della logica della scelta fra alternative diverse per soddisfare una gamma di opportunità, il benessere del consumatore, la produzione o il profitto dell’impresa. In realtà però la scelta avviene in un contesto di incertezza. Entrambe, scelta e incertezza, rappresentano un binomio inscindibile che muove il sistema economico. L’incertezza rappresenta pertanto una componente intrinseca del processo decisionale, in quanto ciò che si sceglie nel presente avrà delle conseguenze nel futuro, per definizione incerto, e perché la varietà delle opportunità a disposizione di chi sceglie difficilmente è conosciuta in modo completo. L’incertezza ha quindi due componenti fondamentali: una è soggettiva, in quanto è collegata ai limiti delle capacità cognitive dei soggetti economici o al comportamento opportunistico nel perseguimento del proprio interesse attraverso la distorsione intenzionale dei dati empirici; l’altra è oggettiva in quanto rappresenta l’aleatorietà degli eventi naturali. Si dice così che l’incertezza è relativa a due fattori: gli stati della natura (andamento climatico, scoperte tecnologiche e così via) e il comportamento degli altri agenti del sistema. Arrow  nel definire l’informazione come «una misura negativa dell’incertezza», mette in risalto la possibilità data agli operatori economici di ridurre l’incertezza mediante l’acquisizione di informazione. L’esistenza dell’informazione ed i suoi possibili cambiamenti nel corso del tempo implicano una considerevole revisione della teoria dell’equilibrio, dove i prezzi di mercato svolgono il ruolo informativo esclusivo di indicatori di scarsità efficienti nell’allocazione delle risorse. Per contro il riconoscimento del ruolo svolto dall’informazione implica che il comportamento economico effettivo sia parzialmente regolato da altre variabili diverse dai prezzi.

La revisione della teoria tradizionale riguarda due aspetti. Il primo, dipende dal fatto che l’informazione può essere scambiata ad un certo prezzo, come una qualunque merce, e viene integrata nel più ampio contesto dei costi d’uso del mercato o dei costi di transazione, rappresentando la risorsa principale nel coordinamento delle attività economiche. In realtà questo approccio trascura alcune particolarità della merce-informazione. Innanzitutto essa è indivisibile nell’uso, per cui la sua utilità risulterà direttamente proporzionale alla scala di attività dell’utilizzatore; è come dire che l’informazione è fonte potenziale di vantaggi dinamici, in quanto crea economia di scala e quindi favorisce l’allontanamento dalla situazione concorrenziale. Inoltre l’informazione è inappropriabile (o non escludibile), essenzialmente perché chi la possiede non la perde ~. Se diffusa invece tende a diventare un bene pubblico, perché la salvaguardia del suo segreto è molto difficile da realizzarsi. In un contesto di equilibrio la sua produzione sarà sub-ottimale e ne consegue l’incentivo a creare un sistema legale di tutela della proprietà. L’esempio classico è la tutela della «proprietà intellettuale» dei brevetti e dei risultati della ricerca.

Il secondo aspetto dipende dal fatto che gli individui hanno differenti informazioni e ciò determina due importanti conseguenze a seconda che le parti abbiano interessi coincidenti o divergenti, ovvero a seconda che si prendano in considerazione dei rapporti cooperativi o non cooperativi, come usa dire la terminologia della teoria dei giochi introdotta precedentemente. Nel caso di rapporti non cooperativi fra le parti si creano degli incentivi all’acquisizione privata dell’informazione che è fonte di un vantaggio competitivo dinamico in virtù dell’indivisibilità del suo uso. Nel caso di rapporti cooperativi tra le parti, invece, la distribuzione diseguale dell’informazione genera dei problemi di comunicazione. Sorge contemporaneamente l’esigenza di trasmettere dei segnali e di trasmetterli nel modo più efficace possibile attraverso canali adeguati, che consentano di minimizzare i costi della trasmissione. Il messaggio pubblicitario è un esempio classico di canale diffusivo dell’informazione nelle società moderne. Tuttavia queste informazioni possono essere falsate per trarre in inganno la concorrenza o gli stessi consumatori, attuando in tal modo dei comportamenti opportunistici. A lungo andare è però probabile che il destinatario di tali informazioni distorte impari a selezionarle e ad interpretarle. Un altro esempio è costituito dalle norme tecniche dei prodotti adottate all’interno dei sistemi di qualità aziendale ~. Si tratta di un’azione collettiva nella trasmissione di alcuni segnali (ad esempio, il marchio IMQ, per i prodotti, la certificazione di qualità UNI-EN 29.001 ecc. per lo stabilimento) secondo procedure accettate, riconosciute o riconoscibili, che rafforza l’azione dei produttori. Se un produttore decide di seguire un comportamento difforme, classificando i suoi prodotti con criteri personali, incontrerà una resistenza da parte dei consumatori che troveranno costoso impiegare risorse e informazioni per apprendere il nuovo sistema di classificazione adottato dall’impresa, per cui è verosimile ipotizzare che il segnale incontrerà difficoltà nel mercato. Si dimostra quindi la maggiore efficacia di un segnale collettivo perché riesce ad esprimere economie di scala informative dal lato della domanda. Il sistema educativo costituisce un altro esempio di struttura che emette segnali in maniera efficace. Nonostante la sua funzione primaria consista nella trasmissione di conoscenza, è diventato inavvertitamente un settore che vende agli studenti dei segnali da ritrasmettere al mondo. Il certificato di frequenza in un istituto educativo prestigioso o di una laurea conseguita in un ateneo affermato rappresenta un certificato di qualità nei confronti dei clienti (se si tratta di un professionista) o del potenziale datore di lavoro. In questo modo viene semplificato notevolmente anche il compito di selezione da parte delle imprese.

Da quanto detto consegue che non è sufficiente trasmettere dei segnali, ma è necessario predisporre un’infrastruttura di comunicazione efficiente e flessibile, che consenta di minimizzare i costi di trasmissione dell’informazione e di massimizzare i risultati. In questa direzione si orientano i mutamenti in atto nel le tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni.

BRANO 5

Pier Giorgio Ardeni: Statistica

In Relazioni pericolose a cura di Boitani-Rodano

Ed. Laterza Bari 1995

Pagg. 235-237  

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore nel brano riportato? 

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi? 

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3. Prova a spiegare con semplici relazioni ed esempi un sistema economico non deterministico, non anticipativo ed invariante rispetto al tempo

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4. Perché in definitiva la scienza economica oggi appare una scienza incerta?

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L’incertezza conoscitiva, o epistemologica, è invece dovuta alle limitazioni della nostra conoscenza. Il fatto che sia ovviamente impossibile raccogliere un insieme di informazioni completo, ad esempio rispetto ad un’economia, è solo un primo aspetto della questione. La «soluzione» avocata in questo caso è superficialmente la legge dei grandi numeri. Non è necessario, si sostiene, conoscere ogni dettaglio, in quanto con così tanti agenti le cose si compensano: questa sarebbe la ragione per cui la statistica è così utile. Ma questo sarebbe vero se le azioni degli individui fossero casuali e non correlate e ciò non è il caso, se non nel brevissimo termine. Le azioni degli uomini sono altamente correlate (non è difficile convincersi di questo) e quindi non solo i sistemi economici sono non stazionari, ma sono anche in via di principio non stabili per via degli infiniti feedback positivi interni. La validità della modellizzazione di breve termine ci appare invece plausibile, in base all’assunto che le cose non cambiano mai in un istante (natura non facit saltus) ma sono in certa misura coerenti. Ma modellare come stati futuri possano essere derivati o previsti da stati presenti con una certa accuratezza non ha necessariamente nulla a che fare con la «meccanica» (i dettagli al livello elementare) del sistema. Ciò non sarebbe molto diverso da un’estrapolazione matematica ed è quanto viene fatto oggi in economia: ma non è tanto la strumentazione a essere responsabile, quanto l’applicabilità di strumenti, disegnati per sistemi puramente causali, a essere questionabile.

Vi è, dopo tutto, una fondamentale differenza tra le applicazioni matematiche in teoria del controllo o la stima statistica in ingegneria e le stesse in economia. L’ingegneria tratta problemi che sono effettivamente deterministici. Errori e «rumore» sono importanti solo nella misura in cui la loro influenza contamina le stime o la precisione operativa del sistema. Le situazioni economiche sono, in un certo senso, opposte. La normale evoluzione e valutazione dei processi economici sono il principale oggetto della contabilità e sono fatti certi e quantificabili. Ma i problemi economici più genuini hanno a che fare con fenomeni che nascono dalle decisioni intrinsecamente casuali (sebbene fortemente correlate nel lungo periodo) degli individui. Tale combinazione di casualità intrinseca, o sostanziale correlazione, ritardi e feedback, rende i sistemi economici altamente vulnerabili a catastrofi, nel senso di René Thom (1983a). Da cui, l’intrinseca non stazionarietà delle statistiche coinvolte. La catastrofe è un improvviso, radicale cambiamento dello stato del sistema. Tale collasso sorge allorché il sistema viene «esteso» oltre le sue capacità di compensare uno «stress», una forzatura. Nei processi non-lineari molti fenomeni esistono, lontani dall’equilibrio, che nemmeno la meccanica classica riesce a descrivere, e solo recentemente la matematica non-lineare ha fatto considerevoli progressi in questo campo28.

Dunque, viviamo in un mondo caotico in cui le possibilità di modellizzazione sono limitate. Ma se oggi possiamo «capire il caos»29, è pur vero che solo l’evoluzione temporale di breve termine di un sistema caotico (caratterizzato da equazioni differenziali non-lineari accoppiate deterministiche) può essere più o meno accuratamente prevista, mentre il comportamento di lungo termine rimane imprevedibile. Il concetto di caos è utile in quanto i sistemi economici presentano generalmente una considerevole coerenza nella loro evoluzione di breve periodo. Tale coerenza, tuttavia, si perde rapidamente se si considerano intervalli di tempo più lunghi. Poiché i sistemi economici non sono chiusi, ma soggetti a un ambiente che non possiamo includere nella stima dello stato, dobbiamo comunque attenderci che l’imprevedibile accada con qualche probabilità che dovremo pertanto stimare.

L’incertezza statistica, o sistemica, ha origine nei problemi di stima dello stato di un sistema complesso e deriva quindi non solo dalla dispersione delle nostre misurazioni, ma dalla natura stessa del sistema esaminato. Euristicamente, diciamo che lo stato di un sistema fisico separa il futuro dal passato, cosicché lo stato contiene tutte le informazioni rilevanti riguardo alla storia del sistema necessarie per determinare la risposta del sistema a qualsiasi input. Un sistema con tali caratteristiche è un sistema deterministico. Un sistema, dunque, è deterministico se e solo se a ogni input x(t) corrisponde un unico output y(t). In un sistema probabilistico vi sono (infinitamente) molti output, ognuno con una certa probabilità di verificarsi con un dato input. Inoltre, un sistema è non anticipativo se e solo se l’output presente non dipende da valori futuri dell’input (ed è quindi causale). Infine, un sistema è invariante rispetto al tempo se e solo se la relazione tra input e output non dipende dal tempo (è la stessa lungo la storia del sistema). Un sistema deterministico diviene caotico se le equazioni non lineari del sistema ammettono più di una soluzione in corrispondenza di certi parametri. Sistemi caotici hanno apparenza di aleatorietà e, dipendendo crucialmente (esponenzialmente) dalle condizioni iniziali, divengono imprevedibili pur obbedendo ad equazioni differenziali deterministiche. Se i sistemi economici fossero «semplicemente» deterministici potrebbero altrettanto «semplicemente» essere caotici: il fatto è che non solo essi appaiono essere chiaramente non-lineari, ma sono anche non invarianti rispetto al tempo, in quanto si evolvono, oltre ad essere (per via di quell’incertezza descritta in precedenza) non deterministici. In più essi sono fondamentalmente anticipativi per via delle aspettative che si formano nei sottosistemi (comunque definiti e circoscritti), ovvero essi sono non causali nel senso classico.

La teoria economica ha invocato il determinismo, più nella forma che nella sostanza, fin dalla sua sistemazione come scienza matematica. L’approccio probabilistico ha certamente modificato il suo atteggiamento nei confronti del problema dell’induzione, senza apparentemente modificare, ed eventualmente superare, l’impianto deterministico della «economia razionale». Non solo, ma l’aver aderito, di fatto, a un’impostazione ipotetico-deduttiva di tipo popperiano non ha fondamentalmente modificato la concezione delle «leggi economiche» e dei postulati su cui fondarle. Eppure, l’edificio è stato minato alla base. L’economia appare oggi più come la scienza dell’incertezza, essa stessa scienza incerta.

BRANO 6

Da J.M Keynes: Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta

Ed. UTET Torino 1971 

Capitolo 12 Pagg.321-323  

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore nel brano riportato?

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi?

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3. Quale obiezioni si potrebbero portare alla tesi fondamentale dell’Autore?

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4. Qual è la natura delle aspettative per Keynes?

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5. In che modo le aspettative influiscono per Keynes sulle attività economiche?

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A prescindere dall’instabilità dovuta alla speculazione, vi è una instabilità di altro genere, dovuta a questa caratteristica della natura umana: che una larga parte delle nostre attività positive dipende da un ottimismo spontaneo piuttosto che da un’aspettativa in termini matematici, sia morale che edonistica o economica. La maggior parte, forse, delle nostre decisioni di fare qualcosa di positivo, le cui conseguenze si potranno valutare pienamente soltanto a distanza di parecchi giorni, si possono considerare soltanto come risultato di uno «spirito vitale », di uno stimolo spontaneo all’azione invece che all’inazione, e non come risultato di una media ponderata di vantaggi quantitativi, moltiplicati per probabilità quantitative. Soltanto a sé stessa l’intraprendenza economica può dare ad intendere di essere attuata principalmente sulla base di un’enunciazione delle sue prospettive, per quanto oneste e sincere queste siano. Essa non è basata su un calcolo preciso di vantaggi futuri, molto più di quanto lo sia una spedizione al Polo Sud. Se quindi lo spirito vitale si estingue, e se l’ottimismo spontaneo svanisce, lasciandoci dipendere soltanto da una speranza matematica, l’intraprendenza illanguidisce e muore; benché il timore di perdita possa non avere una base più ragionevole di quella che avesse innanzi la speranza di profitto.

E’ pacifico che l’intraprendenza fondata su speranze che si estendono nel futuro torna a beneficio della collettività in complesso. Ma l’intraprendenza individuale sarà adeguata soltanto quando il calcolo ragionevole venga integrato e sostenuto dallo spirito vitale, cosicché il pensiero della perdita definitiva dalla quale spesso i pionieri sono sopraffatti come l’esperienza mostra indubbiamente a loro e a noi —venga messo da parte, allo stesso modo che l’uomo sano mette da parte l’aspettativa della morte.

Purtroppo questo significa non soltanto che le crisi e le depressioni sono di ampiezza esagerata, ma anche che la prosperità economica dipende eccessivamente da un’atmosfera politica e sociale confacente all’uomo d’affari medio. Se il timore di un governo laburista o di un new deal deprime l’intraprendenza, ciò non è necessariamente il risultato di un calcolo ragionato o di una congiura a scopi politici: è una semplice conseguenza dello sconvolgimento del delicato equilibrio dell’ottimismo spontaneo. Nello stimare le prospettive dell’investimento dobbiamo quindi aver riguardo al nervi e agli isterismi, e perfino alle digestioni e alle reazioni al tempo, di coloro dalla cui attività spontanea esso dipende in gran parte. Ma non si dovrebbe da tutto questo trarre la conclusione che tutto dipenda da ondate di psicologia irrazionale. Al contrario, lo stato dell’aspettativa a lungo termine è spesso costante, e anche nel caso contrario, gli altri fattori esercitano i loro effetti compensatori. Vogliamo soltanto rammentare che le decisioni umane che influiscono sul futuro, siano esse personali o politiche o economiche, non possono dipendere da una rigorosa speranza matematica, poiché non esiste la base per compiere un tale calcolo; e che è il nostro stimolo innato all’attività che mantiene il meccanismo in azione, mentre il nostro raziocinio sceglie fra le alternative nel miglior modo possibile, mediante il calcolo dove possiamo farlo, ma spesso ricadendo sul capriccio sul sentimento o sul caso per trovare un movente alla nostra azione.

BRANO 7

Antonio Pilati: Internet senza vincoli

Il Sole 24 Ore 11 Dicembre 1999 

1. Qual è la tesi fondamentale dell’Autore nel brano riportato?

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2. Con quale argomenti giustifica la sua tesi?

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3. In cosa differiscono la filosofia del mondo culturale francese da quella anglosassone relativamente alla regolazione normativa di Internet?

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4. Con quali normative si può favorire secondo voi lo sviluppo di Internet?

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Internet, nel suo accelerato sviluppo, generalizza modi di operare e caratteristiche funzionali che pongono vari problemi di regolazione:

- permette agli utilizzatori di svolgere attività molto diverse fra loro (dall’acquisto di beni e servizi alla ricerca di testi, dal consumo di video e di musica ai giochi fino alle chiamate telefoniche;

- prescinde da uno specifico terminale d’uso e può utilizzare apparecchi che rimandano a tradizioni giuridiche molto distanti come il computer (informatica), il telefono cellulare (telecomunicazioni), il televisore (broadcasting);

- è sganciato da basi geografiche subito identificabili (la rete annulla le distanze) e quindi rende difficile applicare legislazioni fondate su dimensioni nazionali;

- s’è imposto come potente fattore di espansione economica e diventa quindi un oggetto primario di politica industriale (che molti paesi svolgono per via legislativa).

I processi regolatori sono lenti e, quando coinvolgono dimensioni internazionali, transitano facilmente per vie tortuose: il decollo di Internet negli ultimi anni ha beneficiato anche dell’assenza di una normativa specifica applicabile in vari paesi: tuttavia proprio il successo della rete e la sua crucialità nello sviluppo della nuova economia (ruolo determinante della conoscenza e dei suoi canali di circolazione; compressione dei costi di distribuzione e di magazzino; semplificazione organizzativa) portano il tema di Internet ai primi posti nell’agenda dei governi e di fatto lo rendono un elemento-chiave del duro confronto in materia di regolazione economica che si svolge su scala internazionale (Seattle insegna).

Un passaggio di rilievo è stato il recente meeting, tenutosi a Parigi, che 75 autorità di regolazione di tutto il mondo hanno dedicato al processo normativo riguardante Internet. Due linee che esprimono visioni distanti dell’economia e dell’innovazione si sono chiaramente contrapposte. La prima, disegnata dal mondo culturale francese e sostenuta da molti paesi emergenti, punta a creare una cornice normativa internazionale riempita poi da strati di regolazione specifica per le varie attività condotte su Internet (multiregolazione).

In questa visione i temi di garanzia (verso i consumatori e i minori, in primo luogo) si intrecciano con l’impulso di molti governi a preservare normative penetranti per i media che portano contenuti a domicilio (esempio tipico la free tv) e soprattutto a mantenere chance di indirizzo su un volano economico della potenza di Internet.

La seconda linea, diffusa nel mondo anglosassone, mette in primo piano la tutela della libertà d’espressione e sostiene che la legislazione attuale, integrata su due punti (firma elettronica e diritto d’autore), basta a tutelare sia gli operatori sia i vari tipi di consumatori: una normativa non invadente è considerata condizione essenziale per uno sviluppo rapido e capillare.

Nella discussione, dove molte autorità si sono attestate su posizioni intermedie fra le due linee principali, sono emersi alcuni punti di grande rilevanza:

1.       il modello economico di Internet dipende sempre più dall’e-commerce e assegna una parte minore alla diffusione di contenuti cognitivi

2.       prevalgono su Internet i testi alfanumerici, mentre formule broadcasting sono per ora marginali

3         cadono le barriere che in altri media un soggetto deve superare per porsi come fonte diffusa su larga scala

4         i problemi giuridici attengono più all’applicazione multinazionale delle norme vigenti che alle carenza di regolamenti specifici

5         la regolazione si complica se è mescolata alla politica industriale (promozione dell’uso, riduzione degli squilibri regionali, diffusione di reti e apparecchi).

Almeno due elementi si possono fissare in vista di una sintesi conclusiva. Il primo è che appare alquanto strumentale la tendenza francese a enfatizzare, in Internet, l’aspetto broadcasting che storicamente ha giustificato, per i riflessi sui temi di cittadinanza, una regolazione intensiva. Il secondo elemento è che tale enfasi è smentita sia dall’attuale tendenza della rete (prevalenza di scambi commerciali) sia dall’evoluzione stessa dell’attività televisiva. Da un lato il passaggio alla tecnologia digitale moltiplica l’accesso ai programmi (elimina la scarsità, di frequenza o di banda, che dall’origine ha segnato il mondo televisivo); dall’altro lo sviluppo della pay tv generalizza l’uso di un filtro economico alla visione che perde così l’odierno carattere universale e assume un sempre più marcato tratto intenzionale. Ciò assimila il consumo tv a quello della stampa e toglie fondamento alla regolazione speciale che ovunque è imposta al broadcasting.

Ora, con un passaggio ulteriore, il televisore diventa anche strumento d’accesso a Internet (Web Tv) e si caratterizza quindi ancor più come un chiosco universale che distribuisce le più diverse fonti produttive. Nell’epoca della convergenza il riferimento normativo per la diffusione delle conoscenze (testi, immagini, suoni) sembra collocarsi all’incrocio fra la tradizione giuridica delle Tlc (non discriminazione nel trasporto dei contenuti da parte dei proprietari di rete) e quella della stampa che minimizza i vincoli alla libertà di espressione.

apilati@yahoo.com

B. IMPRESE DI FRONTE ALL’INCERTEZZA: L’ANALISI DI UN CASO AZIENDALE 

Due aziende italiane sono salite agli onori della più recente ribalta giornalistica e dell’informazione: Fiat e Tiscali.

Si tratta di due aziende assai differenti.

La Fiat, fondata nel 1899, ha compiuto un secolo di vita ed è parte integrante dei costumi degli italiani. Le sue auto hanno contrassegnato i passaggi di questo secolo, oltre a creare ricchezza e lavoro per molti. Ma oggi, con una concorrenza internazionale sempre più aspra, si affacciano notizie su una sua possibile acquisizione o intesa con il colosso mondiale dell’automobile Daimler-Chrysler.

Tiscali è il più recente fenomeno italiano nel campo della cosiddetta new economy. Tiscali si presenta come l’impresa italiana più dinamica nel campo della comunicazione via Internet, che sta cambiando in tante parti del mondo i parametri delle produzioni e degli stili di vita. La quotazione di un’azione Tiscali alla Borsa Valori di Milano il 22/10/1999 era pari di 46 € ed è salita in pochissimi mesi di circa 20 volte.

Quello che accomuna le due imprese è l’esistenza di numerosi fattori incerti, non prevedibili nè determinabili a priori. 

Sulla base di una breve ricerca basata su quotidiani, riviste o altri mezzi di informazione, vi proponiamo di analizzare il caso di una delle due aziende sopra ricordate.  

Lo studio del caso potrebbe svilupparsi nei seguenti punti: 

Impresa scelta: ……………………………………………………………………

·               Qual è il contesto competitivo interno e internazionale dell’impresa?

·               Quale è stato l’andamento negli ultimi mesi delle quotazioni di Borsa della società? Cosa può spiegare questi andamenti?

·               Quali sono secondo voi i punti di forza e di debolezza dell’impresa?

·               Quali sono attualmente gli aspetti maggiormente incerti per realizzare le strategie dell’impresa?

·               Con quali metodi organizzativi, produttivi, tecnologici e finanziari l’impresa può secondo voi fronteggiare l’incertezza?

C. UNA MAPPA CONCETTUALE DELL’INCERTEZZA 

Dopo aver analizzato l’incertezza ed averne compresi i caratteri, proponiamo di creare una mappa concettuale visiva dell’incertezza, collegando i concetti individuati con le discipline scolastiche. 

La mappa può essere stesa in questo modo: 

·        Riassumete i caratteri dell’incertezza, evidenziando la natura (storica/sociale/economica/ filosofica/scientifica od altro) del concetto che avete individuato  

·        Individuate in quale disciplina scolastica l’incertezza viene, anche se parzialmente, affrontato 

·        Costruite ora una mappa che metta al centro il concetto dell’incertezza con i suoi caratteri e che evidenzi le relazioni tra di esso e le diverse discipline scolastiche 

·        Indicate in quali parti dei programmi scolastici trova spazio l’incertezza 

·        Infine suggerite se il tema dell’incertezza merita una trattazione più ampia in qualche discipline scolastica e con quali metodologie didattiche potrebbe essere realizzata

D. TRACCIA PER LA RELAZIONE IN UNIVERSITÀ BOCCONI 

Per l’incontro in Università Bocconi del 28 Febbraio, gli allievi debbono esporre i risultati del loro lavoro sul tema dell’incertezza ad un pubblico di insegnanti.

La relazione, della durata orientativa di 10-15 minuti, potrebbe essere articolata sui seguenti punti: 

1.     Come ha lavorato il mio gruppo 

2.     Cosa ho capito sul tema dell’incertezza 

3.     Quali sono state le questioni che mi hanno maggiormente interessato 

4.     Qualche suggerimento ai docenti per realizzare una didattica aperta e coinvolgente sia su questo argomento che più in generale

ANALISI SU: I GIOVANI E L'INCERTEZZA

A cura di Elide Sorrenti 

Un interessante esperimento didattico è stato proposto dall'équipe dell'AEEE - Italia nell'ambito degli incontri di aggiornamento per docenti di discipline economiche, aziendali, scienze sociali, geografia  presso l'Università Commerciale "L. Bocconi" di Milano nel quadro dell'orientamento pre -universitario (febbraio- marzo 2000).

Questi incontri hanno avuto un ruolo preparatorio per la XIII^ Conferenza europea dell’AEEE, che è organizzata per la fine dell’agosto del 2000 in Università Bocconi.

Tema degli incontri: Certezze e Incertezze nelle teorie e nelle attività economiche. A questo appuntamento, presieduto da Jean-Marie Franzini è intervenuto il prof. Francesco Passarelli dell’Università Bocconi.

La proposta ha coinvolto classi quarte o quinte di Istituti tecnici commerciali di Milano e dintorni. Il materiale di lavoro distribuito era il dossier dal titolo "Ragionando attorno all'incertezza", in cui erano stati inseriti brani scelti da testi universitari e da articoli di giornali, che trattassero la categoria dell'incertezza, con un campo di azione comprendente le definizioni tecniche, l'impatto sociale, l'economia, le attese, la statistica e Internet , naturalmente, con diversi gradi di difficoltà semantica.

Le operazioni richieste agli studenti comportavano quanto segue :

- rispondere ad una griglia di domande per ricavare il grado di comprensione dei testi,

- analizzare un caso aziendale per studiare il comportamento delle imprese di fronte all'incertezza,

- costruire una mappa concettuale sull'incertezza evidenziandone anche le relazioni con le diverse discipline scolastiche,

- predisporre una comunicazione, condivisa dalla classe, da effettuare in Bocconi alla presenza dei docenti. 

Per quanto riguarda i prodotti, la griglia proposta richiedeva di individuare la tesi dell'autore, gli argomenti coi quali la si giustifica, le obiezioni eventuali, ed una risposta a un perché specifico per ogni argomento trattato.

I testi che sono stati trattati sono nell'ordine delle frequenze:

EDI - ENCICLOPEDIA DELL' IMPRESA, G. Rossini, Incertezza                         n.6

Il Sole 24 Ore - A.M. Petroni: Regole troppo vecchie per il mercato                 n.6

Il Sole 24 Ore - A.Pilati: Internet senza vincoli                                                         n.6

Z. Baumann: La società dell'incertezza, ED. Il Mulino, Bologna 1999                 n.5

S. Alessandrini, G. Pini: L'incertezza e l'informazione

da Economia Politica, Ed. Cisalpino, Bologna ,1995,                                                 n.5

J.M.Keynes : Teoria generale, Cap.12, Ed. UTET Torino 1971                                n. 4

P.G. Ardeni: Statistica,in Relazioni Pericolose Ed. Laterza, Bari 1995                    n. 1 

Gli studenti hanno dimostrato di saper individuare la tesi principale, le argomentazioni, le obiezioni e le cause anche a testi di livelli diversi di difficoltà. I due articoli de Il Sole 24 Ore, pur con un taglio discorsivo, in realtà richiedevano per la comprensione  una certa padronanza di problemi giuridici e tecnici.

Più complessi i testi di Baumann e di Alessandrini-Pini, mentre quello di Ardeni è stato analizzato solo dagli studenti dello Schiaparelli, evidentemente gli unici in grado di prendere in considerazione aspetti matematici  

Mappe concettuali e schemi sono state costruiti dagli studenti del Pasolini, Verri, Moreschi, Schiaparelli mettendo in evidenza in modo sintetico tutto quanto avevano appreso dallo studio proposto. Nelle mappe sono stati anche indicati, come richiesto, i possibili riferimenti disciplinari riguardo l'incertezza. E' stata così evidenziata anche una loro abilità di rappresentare i concetti chiave in forma grafica.

In merito alla comunicazione gli studenti sono stati i protagonisti dell'incontro; i rappresentanti della classe o dei vari gruppi hanno esposto i risultati del loro lavoro, dimostrando di aver preparato e concordato le modalità e i mezzi affinché la comunicazione risultasse chiara ed esaustiva. Hanno saputo comunicare in modo pertinente e rigoroso le conoscenze acquisite, anche se con esiti diversificati a seconda delle rispettive culture e sensibilità

E' stato fatto uso di lucidi per presentare e commentare i punti salienti dei lavori nel rispetto del tempo a disposizione. 

L'équipe dell'AEEE- Italia si era posta l'obiettivo di testare il tipo di reazione che gli studenti, sulla base delle loro conoscenze ed interessi, avrebbero manifestato di fronte ad un tema, quello dell'incertezza, sottinteso in tutte le attività umane, e, nello specifico in quelle economiche, ma non trattato esplicitamente nelle discipline scolastiche, salvo il caso del calcolo del rischio e della probabilità nella matematica finanziaria.

L'altro obiettivo, connesso al primo, era quello di scoprire l'eventuale portata innovativa di questo tema all'interno del curriculo insieme ad una diversa proposta organizzativa di studio e di ricerca finalizzata ala produzione di una sintesi da spendere socialmente.

La reazione degli studenti sulla base del materiale utilizzato rivela aspetti cognitivi ed aspetti valoriali/ emozionali, strettamente connessi.

Dal punto di vista cognitivo, tutti hanno acquisito la definizione "tecnica" secondo cui si ha incertezza "quando un individuo non è in grado di conoscere con  definitezza le conseguenze delle sue azioni"(G. Rossini, Enciclopedia dell'impresa) come pure quella di rischio, che invece comporta specifiche probabilità di perdite o di guadagni.

Tale significato è risultato ampliato e diversificato poi a seconda degli elementi, che i singoli gruppi hanno ritenuti rilevanti dalla lettura dei testi dando all'incertezza  le seguenti configurazioni:

·        componente di ogni processo decisionale dal momento che ciò che si sceglie nel presente avrà conseguenze nel futuro (ITC Verri)

·        inadeguatezza (Schiaparelli)

·        mancanza di punti fermi ( Pasolini)

·        fulcro delle attività economiche ( Pasolini)

·        parte della vita economica poiché l'uomo non sarà mai al passo con le tecnologie (Casale)

·        caratteristica principale della nostra vita (Casale e Gramsci)

·        rapporto incertezza/rischio una costante nella vita di ogni uomo (Moreschi)

·        peculiarità della nostra società aperta, l'incertezza è accresciuta a causa dello scambio in rete (Casale) 

Lo studio di un caso aziendale è stato effettuato da:

I.T.C."Gramsci" di Pioltello sulla storia della Pirelli.

I.T.C."Schiaparelli" su Tiscali, dove sono evidenziate molto bene le caratteristiche innovative di una società di telecomunicazioni, i punti di forza e di debolezza, i metodi per fronteggiare l'incertezza, causata dalla conformazione di questo particolare mercato dagli standards tecnologici in continua evoluzione

ITTC "L.Casale" su Microsoft. 

Il punto di vista emozionale/ valoriale, strettamente connesso a quello cognitivo, riguarda i seguenti punti :

·          la percezione di uno stretto legame tra incertezza e informazione: l'informazione corretta e pertinente può ridurre l'incertezza, dal momento che questa è generata da mancanza di conoscenza;

·          la percezione di come il diverso possesso di informazioni giochi un ruolo determinante negli equilibri dello scambio

·          la rivoluzione nelle comunicazioni aumenta la quantità e la velocità delle informazioni, ma richiede anche criteri di selezione delle stesse

·          la sensazione che la tecnologia abbia un suo sviluppo autonomo che sfugge al controllo da parte della maggioranza degli operatori, rendendo difficili le scelte ottimali soprattutto riguardo agli investimenti

·          il successo della rivoluzione nell'ambito delle comunicazioni viene attribuita principalmente al fatto che sono mancate regolamentazioni in merito, con la conseguente dilatazione dei mercati e degli scambi

·          il mercato globale, creato da Internet, è visto come un settore estremamente dinamico dove tutto è possibile, tanto la crescita delle opportunità di ampliare i propri spazi di vendita, di produzione e di acquisto, quanto l'incremento di possibili attentati alla buona fede di categorie più indifese (minori e consumatori)

·          il venir meno della coincidenza  tra mercato nazionale e stato, la creazione di regole comuni per gli stati partecipanti alle varie unioni regionali, e, al di fuori di queste, i risultati delle negoziazioni all'interno del WTO e quelle relative agli arbitrati.

·          la richiesta ai singoli di essere flessibili di fronte ai continui cambiamenti del contesto sociale  

Questo è in linea di massima quanto emerge dai lavori degli studenti. Le esigenze rilevate riguardano i seguenti quesiti:

·        come reperire le informazioni

·        come comunicarle in modo corretto

·        come cooperare costruttivamente per affrontare l'incertezza

·        come tutelare consumatori e minori

·        qual è il significato di New Economy

·        come regolamentare Internet 

Le richieste sono focalizzate su:

·        mantenere o creare reti di protezione, quali sicurezza sociale, tradizioni istituzioni

·        avere conoscenze appropriate 

Questa esperienza innovativa per quanto riguarda il tema e, in qualche caso, anche per l'organizzazione del lavoro, ha dimostrato come gli studenti abbiano affrontato linguaggi nuovi, esplorato settori di pensiero non presenti del tutto nel curriculo scolastico, ma suscettibili di ampliarne i significati in modo organico, e di gestirne l'uso in modo coerente al proprio patrimonio cognitivo.

Dalla discussione è emerso inoltre come i giovani considerino l'incertezza ed il rischio, presenti nelle situazioni di cambiamento della realtà economica e sociale, come uno stimolo positivo, una sfida per esprimere la propria potenzialità, piuttosto che un atteggiamento di rassegnazione e di impotenza. Questo a differenza delle posizioni dei docenti, espresse in altra sede, che sono invece preoccupati per la mancanza di punti di riferimento e di valori da trasmettere.

Forse è solo questione di salto generazionale!  

Milano, Giugno 2000

Hanno partecipato gli studenti della VB ragionieri programmatori dell'ITC "L.Casale" di Vigevano, della IV A dell'ITC "Gramsci" di Pioltello, della VA dell'ITC "N. Moreschi" di Milano, dell'ITT "Pasolini di Milano, della IV e V C Igea dell'ITC "Schiaparelli" di Milano, della IV B dell'ITC "P.Verri" di Milano.