Sulla riforma della scuola secondaria superiore si possono formulare giudizi molto diversificati, a seconda della prospettiva che viene assunta. Se la si guarda dal lato del dover essere, è chiaro che il giudizio non può essere positivo giacché di tutto si tratta meno che di un superamento dell’impianto complessivo del sistema e di un suo adeguamento alla società della conoscenza. Se, invece, si assume la prospettiva della Realpolitik e si valuta la riforma con il parametro di ciò che è realizzabile hic et nunc tenendo conto dei vincoli entro i quali il sistema formativo si trova a operare (non ultimo il tipo di aspettativa di un’opinione pubblica poco avvezza a considerare la formazione come un problema complesso) allora il giudizio può essere in una certa misura positivo, anche se il grado di questa positività dipende dal peso assegnato a ciascun vincolo.

Questo tipo di analisi, però, arrivati alla fine dell’iter di approvazione della riforma, è poco produttivo mentre ben più urgente è la discussione sui singoli indirizzi e, in particolare, sui programmi di insegnamento che stanno per calare sulla scuola e sui quali è opportuno che gli insegnanti e il mondo accademico facciano sentire la loro voce.

In particolare, per l’insegnamento dell’economia politica nella scuola superiore, sono centrali i programmi del futuro indirizzo di Amministrazione, finanza e marketing dell’area tecnica. Rispetto a tali programmi viene qui presentata una prima analisi critica su cui tutti sono invitati a discutere per aprire un dialogo tra coloro che hanno a cuore l’insegnamento dell’economia politica.