L’Educazione finanziaria

L’interesse delle istituzioni pubbliche in tema di educazione economico-finanziaria negli ultimi tre anni è notevolmente accresciuto. Come associazione di docenti e studiosi della materia, l’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE-Italia esprime un parere favorevole in merito a questo accresciuto interesse. Il nostro giudizio è basato su un costante monitoraggio di convegni, pubblicazioni, interventi che i soggetti pubblici e privati hanno promosso in questi anni in merito all’educazione economica e finanziaria, e che abbiamo seguito con attenzione. Con altrettanto favore si valuta l’opportunità che un provvedimento legislativo possa finalmente creare nelle scuole uno spazio adeguato per la comprensione di fatti e principi di grande rilevanza sociale, come quelli legati alle questioni della finanza.

Il presente documento vuole riferirsi in particolare all’educazione finanziaria, prendendo come base terminologica comune la definizione dell’OECD[1]. In virtù della nostra esperienza in materia, basata non solo sul know-how accumulato come associazione, ma anche come docenti di materie economiche, giuridiche, finanziarie e di scienze sociali in scuole di diverso ordine, precisiamo alcuni punti che riteniamo utili per ogni intervento da parte dei docenti, delle istituzioni scolastiche e del legislatore italiano, allo scopo di determinare una programmazione di interventi efficaci e efficienti in materia di educazione economico-finanziaria. Tre sono , a nostro parere, le questioni fondamentali:

Punto 1.

La materia dell’educazione finanziaria richiede per sua natura una progettazione condivisa di esperti che appartengano a più aree disciplinari e preferibilmente con un buon livello di expertise in merito. Di fatto, quello che abbiamo osservato invece in diverse occasioni all’interno del panorama formativo italiano è una progettazione di materiali e interventi troppo concentrati sull’economia, che peccano di questi problemi:

a.             ) si fermano alla trasmissione informazioni di tipo storico o cognitivo-matematico

b.             ) spesso propongono ancora metodologie tradizionali (lezione frontale) la cui efficacia è stata messa in dubbio da numerose ricerche a livello internazionale (si vedano i contributi del The Journal of Economics Education, ma anche le riflessioni di alcuni di noi pubblicate sotto forma di volumi, articoli e contributi a convegni).

Occorre in ogni caso che nell’attività di progettazione e realizzazione di interventi di educazione finanziaria vengano valorizzati da parte degli enti promotori di questi interventi le competenze dei docenti e le capacità di apprendimento degli allievi,  di modo che l’attività venga ben calibrata a quanto nelle classi, nelle scuole e nei programmi già viene realizzato.  Le attività vanno progettate sula base della rassegna dei materiali didattici esistenti, degli studi scientifici relativi alla materia, delle migliori esperienze maturate da parte dei docenti delle materie economiche e finanziarie, delle conoscenze e delle competenze già acquisite dagli allievi.

 

Punto 2.

Come Associazione, desideriamo portare l’attenzione del legislatore alla necessità di una rappresentanza di una pluralità di attori sociali al tavolo della progettazione / monitoraggio / coordinamento di interventi di educazione finanziaria. La materia educazione economica-finanziaria è infatti strettamente legata alla socializzazione politica e alla socializzazione ai consumi degli individui.

Promuovere tra i minori l’importanza del risparmio (in luogo dell’investimento), sottolineare l’importanza di accantonare una parte del proprio budget per il risparmio (in luogo della beneficenza), utilizzare strumenti didattici basati sul modello i budget-individuale (in luogo del budget di gruppo) significa indirizzare i minori ad un certo tipo di orientamento di valori sociali, che si traducono poi generalmente in comportamenti di consumo e di voto. In pratica: insegnare educazione economico-finanziaria non equivale a insegnare matematica (materia che per certi versi può essere ritenuta più “neutra” da un punto di vista socio-culturale e valoriale) ma spesso significa anche educare alla cittadinanza e ai valori. Esiste una specifica letteratura, svolta principalmente nell’ambito della sociologia e della psicologia economica, che mostra gli effetti di alcuni  interventi di educazione finanziaria sull’orientamento culturale-politico dei minori e che non sempre viene tenuta in considerazione nella progettazione dei diversi interventi.

Data questa premessa, ribadiamo l’importanza di una consultazione di attori sociali provenienti da diversi ambiti (associazioni di docenti, associazioni no-profit, associazioni di genitori, studiosi accademici) per istituire un tavolo di rappresentanza di questa pluralità di protagonisti. La rappresentanza del mondo bancario e delle istituzioni scolastiche può così utilmente raccordare le proprie istanze e progettare assieme agli altri soggetti gli  interventi di educazione finanziaria.

Questa impostazione può portare diversi benefici, tra i quali:

a.     ) La realizzazione di una collaborazione equilibrata tra la componente privata (e profit) nella costruzione di progetti di educazione-finanziaria con quella pubblica ed istituzionale. In questo modo si favorisce obiettivamente una conoscenza critica e consapevole della materia, senza promuovere un certo tipo di servizi e di visione dell’economia, fatto che contrasterebbe con uno dei principi enunciati dall’OECD,  che parla di “informazioni, istruzioni e/o consigli obiettivi”.

b.     ) Valorizzare il know how (in materia di pedagogia, didattica, metodologia, psicologia, sociologia…) dei diversi attori che concorrono alla costruzione della realtà economica dei minori (ci riferiamo in particolare ai docenti e agli insegnanti), con risparmio di risorse e di costi.

Punto 3.

Infine, desideriamo porre l’attenzione del legislatore sull’importanza di una valutazione seria, con strumenti rigorosi, scientifici, standardizzabili e validati, degli effetti dell’educazione finanziaria sui diversi gruppi sociali coinvolti. Tale monitoraggio deve, secondo il parere di AEEE-Italia, fondarsi su tre requisiti:

a.             ) il monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza dei progetti di educazione finanziaria deve avvenire attraverso strumenti metodologici seri, di provata validità scientifica, realizzati anche in collaborazione con i formatori o i progettatori dell’intervento, che non si limitino a brevi questionari che misurano il gradimento del corso o il numero di conoscenze acquisite (O’ Connell 2008[2])

 

b.             ) il monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza dei progetti di educazione finanziaria deve avvenire attraverso strumenti che analizzino sia gli aspetti più strettamente cognitivi (ci riferiamo ai test OCSE PISA, che dovrebbero valutare queste competenze e che accogliamo con parere molto favorevole, o agli studi che tengono in considerazione i processi di decision-making degli individui), sia gli aspetti più sociali e culturali che caratterizzano il comportamento economico degli individui. Ad esempio il “capitale sociale” degli individui (inteso in senso sociologico come la fiducia che i minori ripongono in alcuni individui in merito a decisioni di tipo economico finanziario) o le loro agenzie di socializzazione economica (quali internet,  i quotidiani, la scuola). Ci permettiamo di fare un esempio: sapere che il nostro Indice di Cultura Finanziaria (in riferimento allo studio promosso dal consorzio PattiChiari) è alto, così come lo è quello dei nostri figli, non ci/li mette necessariamente al riparo una volta per tutte da eventuali errori (anche gravi) in termini di scelte economiche che tutelino il nostro benessere economico e futuro. Esistono altre aree che necessitano di essere monitorate e sulle quali eventualmente intervenire.

 

c.             ) il monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza dei progetti di educazione finanziaria deve prendere in analisi – con gli opportuni strumenti metodologici - anche i fattori di differenza ascritti e acquisiti degli individui (es.: genere, cittadinanza, status socio-economico della famiglia di origine, tipo di lavoro svolto) al fine di individuare se esistano dei progetti di educazione finanziaria che siano più efficaci per alcuni gruppi, e meno efficaci degli altri. In  questo modo si valorizza la specificità di ciascuno. Al tempo stesso, si tutela uno degli obiettivi dell’educazione finanziaria che non è quello di aumentare le disuguaglianze sociali, bensì sostenere la loro riduzione.

 

Emanuela Rinaldi

Membro Consiglio direttivo AEEE – Italia e Docente di Sociologia della Comunicazione (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano –), emanuela.rinaldi@unicatt.it 


 

[1] “il processo attraverso cui consumatori/investitori finanziari migliorano la loro comprensione di prodotti, concetti, rischi finanziari e, attraverso informazioni, istruzioni e/o consigli obiettivi, sviluppano abilità e fiducia per diventare più consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per fare scelte informate, per conoscere dove andare a chiedere aiuto, e per intraprendere altre azioni efficaci per migliorare il proprio benessere finanziario” (Fonte: Organization for Economic Co-operation and Development (OECD), Recommendation on Principles and Good Practices for Financial Education and Awareness, July 2005).

[2] Sul tema, si veda ad esempio: O' Connell A., (2008), ‘Evaluating the effectiveness of financial education programmes’, in OECD-US Treasury International Conference on Financial Education. Taking Financial Literacy to the Next Level: Important Challenges and Promising Solutions. Proceedings. Volume 2 (Pre-Publication Version), Washington, DC, Usa (May 7-8, 2008), pp. 9-50.