UNIVERSITA’ DEGLI STUDI  DI MILANO – BICOCCA

DIPARTIMENTIO DI METODI QUANTITATIVI PER L’ECONOMIA

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 Giovedì 11 aprile 2002

FRIEDERICH A. VON HAYEK E LA SCUOLA AUSTRIACA DI ECONOMIA

Mattina

Interventi:

Saluti del Magnifico Rettore e del Preside della Facoltà di Economia

Ulrike Ternowetz (Università Milano-Bicocca): Introduzione alla Giornata di studio

Presiede: Pier Luigi Porta ( Università Milano-Bicocca)

Relazioni:

Dario Antiseri (LUISS Roma): Hayek e il compito dello scienziato sociale

Raimondo Cubeddu (Università Pisa): Hayek tra Menger e Mises

Viktor Vanberg (Universität Freiburg): Hayek und die Freiburger Schule

Discussione: introduce Nicolò de Vecchi (Università di Pavia)

Pomeriggio

Presiede: Gianfranco Fabi ( Il Sole 24ore)

Relazioni:

Lorenzo Infantino (LUISS Roma): L’idea di scienza sociale nei Moralisti scozzesi e nella Scuola Austriaca di Economia

Heinz Kurz (Universität Graz): Wert, Verteilung, Konjunktur und Entwicklung: Der Beitrag der Österreicher

Jack Birner (Università Trento): Il programma di ricerca di Hayek

Discussione : introduce Franco Donzelli (Università Milano-Bicocca)

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ABSTRACT DELLA CONFERENZA

 

Raimondo Cubeddu

Università di Pisa 

Hayek tra Menger e Mises 

            Ciò che accomuna Hayek a Menger è un problema teorico che da sempre si pone al centro della discussione della filosofia delle scienze sociali e che, in sintesi, può essere riassunto nella domanda: “come nasce un ordine”, o “è possibile un ordine senza lo stato?”. Anche per gli sviluppi teorici e politici che ne sono derivati, la soluzione avanzata da Menger, ripresa e sviluppata da Hayek, è, a mio avviso, della massima importanza.

Mi propongo quindi di leggere la loro relazione da questo punto di vista.

Per quanto da Hayek on Hayek risulti come egli conoscesse i Grundsätze e le Untersuchungen praticamente dai tempi dell'università, una diretta e visibile influenza di tali opere inizia a mostrarsi soltanto dopo il 1933. Vale a dire dopo la pubblicazione, curata ed introdotta dallo stesso Hayek, di The Collected Works of Carl Menger.

Se si esaminano gli scritti di Hayek antecedenti a quella data, e i temi di cui in quegli anni egli si occupò, non è facile riscontrare quelle assonanze ed affinità con i temi mengeriani che diverranno invece così marcate negli anni successivi. Fino a quella data, infatti, e per sua esplicita ammissione, Hayek si era occupato di teoria monetaria, di fluttuazioni del capitale, di sottoconsumo, di teoria del capitale, e i riferimenti a Menger, anche se non mancano, lasciano spesso pensare ad un Menger visto alla luce di Böhm-Bawerk e di Wieser. Questa stessa sensazione si avverte talora anche nella lettura della citata Introduction, scritto giustamente considerato un classico, ma che, se lo si confronta con The Place of Menger's Grundsätze in the History of Economic Thought, del 1973, dà l’idea dell’evoluzione dell'interesse di Hayek nei confronti di Menger. E questo e ancor più importante se si pensa che i due scritti si concentrano sostanzialmente sulla medesima opera.

Di fatto, nelle opere di Menger, e nelle Untersuchungen in particolare, Hayek trova molti degli elementi teorici che userà e svilupperà negli anni seguenti tanto nel suo tentativo di opporsi alla tendenze predominanti nel campo della filosofia delle scienze sociali, quanto in quello di fondarne una su basi diverse da quelle di impianto positivistico e storicistico allora dominante.

Tra tali elementi è anzitutto il concetto di ‘ordine culturale spontaneo’.

Questa ‘ripresa’ del programma scientifico mengeriano è però anche ciò che distingue Hayek da Mises al quale, in molte circostanze, Hayek confermerà quella gratitudine che un allievo deve al proprio maestro. Mises, tuttavia, era il meno ‘mengeriano’ degli Austriaci, e non aveva una grande opinione delle Untersuchungen. Ciò nonostante, gli interessi metodologici erano assai vivi in alcuni dei membri del suo Seminar dove, e basti soltanto pensare ad Alfred Schütz e a Felix Kaufmann, si coltivava quel progetto di una rifondazione dei presupposti teorici delle scienze sociali, che Hayek, ricollegandosi a Menger, svilupperà nei saggi sulla filosofia e metodologia delle scienze sociali teoriche che possono essere considerati come il secondo tempo del Methodenstreit.

In estrema sintesi, si può affermare che se Hayek è debitore a Menger per quanto riguarda gli aspetti precedentemente messi in luce, non meno importante, come si evince dalle pagine iniziali di Scientism and the Study of Society, del 1942-44, è ciò che egli apprende da Mises circa il carattere ‘soggettivistico’ della scienza e dell’azione economica. Anche se ciò non gli consentirà mai di condividere quell’utilitarismo di fondo che rimprovera a Mises anche in Law, Legislation and Liberty, del 1973-79.

Anche tenendo conto delle differenze fra ‘hayekiani’ e ‘misesiani’che negli anni recenti si sono manifestate all’interno della Scuola Austriaca, il mio contributo cercherà quindi di mettere in luce ciò che Hayek deve agli altri due grandi esponenti di tale Scuola. 

 

Dario Antiseri

LUISS Roma

 

Friedrich A. von Hayek e il compito dello scienziato sociale

 

1. Individualismo metodologico 

In contrasto con la “mitologia” collettivistica che fa diventare cose – che reifico – i concetti collettivi (Stato, partito, società, ecc.) F.A. von Hayek ribadisce (nella scia, tra altri, di C. Menger e L. von Mises) la validità dell’individualismo metodologico, stando al quale sono le credenze e gli atteggiamenti individuali a costituire i “dati” delle scienze sociali. “Sono le concezioni e le opinioni dei singoli quelle di cui abbiamo conoscenza diretta e che costituiscono gli elementi a partire dai quali dobbiamo ricostruire i fenomeni più complessi”. Fondamentale, in siffatto contesto, è la distinzione tra le opinioni motivanti o costitutive da una parte e le concezioni speculative o esplicative dall’altra. Queste ultime sono idee che la mente popolare ha elaborato a proposito di entità collettive come “società” o “sistema economico”, “capitalismo” o “imperialismo” ecc., che nelle scienze sociali il ricercatore deve considerare volgari, che non si devono confondere con i fatti. “Astenersi coerentemente dal trattare alla stregua di “fatti” queste entità astratte, e prendere sistematicamente le mosse dalle concezioni dalle quali gli uomini sono indotti all’azione, e non dai risultati delle loro teorizzazioni sulle proprie azioni: ecco il tratto caratteristico dell’individualismo metodologico che è intimamente connesso con il soggettivismo delle scienze umane”. Lo scienziato sociale prende, dunque, le mosse dalle “concezioni soggettive onde risultano determinate le azioni dei singoli” – e, tramite il metodo “compositivo” o sintetico, egli sviluppa le sue indagini tese a mostrare come questi “elementi semplici” le azioni coscienti degli individui – “concorrono alla formazione di quei fenomeni complessi che egli non può sottoporre ad osservazione nel loro insieme”. 

2. L’analisi delle conseguenze inintenzionali quale compito esclusivo dello scienziato sociale 

Le azioni coscienti degli individui comportano inevitabilmente effetti inintenzionali. Ebbene, per Hayek, i problemi che le scienze sociali “cercano di risolvere si presentano solo in quanto l’azione cosciente di una molteplicità di persone dà luogo a risultati imprevisti e in quanto si constata l’esistenza di certe regolarità maturate spontaneamente al di fuori di ogni deliberazione programmatica”. Il compito dello scienziato sociale, insomma, è quello di spiegare gli effetti non previsti di azioni intenzionali. Da qui l’autonomia delle scienze sociali. Difatti, “se i fenomeni sociali non manifestassero altro ordine all’infuori di quello conferito loro da un’intenzionalità cosciente, non ci sarebbe posto per alcuna ricerca teorica della società e tutto si ridurrebbe esclusivamente, come spesso si sente dire, a problemi di psicologia. E’ solo nella misura in cui un certo tipo di ordine emerge come risultato dell’azione dei singoli, ma senza essere stato da alcuno di essi coscientemente perseguito, che si pone il problema di una loro spiegazione teorica”. 

3. Autonomia delle scienze sociali 

Se le scienze sociali reificano i concetti collettivi, è difficile che sfuggano alle “tentazioni metafisiche” di filosofie della storia (o d’altro tipo) perdendo in tal modo il contatto con la realtà empirica. L’individualismo metodologico restituisce al ricercatore sociale il contatto con l’empiria, il necessario rapporto tra le “voces” e le “res”.

Se con Carl Menger prima e con Karl Popper dopo, l’analisi delle conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali rappresenta il compito principale delle scienze sociali, per Hayek tale analisi costituisce il compito esclusivo dello scienziato sociale. Hayek sostiene che “negare l’esistenza e lo storico dell’emergenza dell’ordine spontaneo, significa negare l’esistenza di un oggetto proprio delle scienze teoriche della società”. E’ questa una posizione che, in maniera diretta e senza possibilità di ambiguità, fonda l’autonomia delle scienze sociali – autonomia dalla psicologia. L’azione umana è causata da motivazioni e intenzioni  e, a sua volta, è causa di conseguenze intenzionali e intenzionali. E se la psicologia indaga le motivazioni dell’azione cosciente degli individui, le scienze sociali si risolvono – per Hayek, esclusivamente – all’analisi delle conseguenze inintenzionali di tali azioni. Da qui, appunto, l’autonomia della ricerca sociale. 

4. Critica del “costruttivismo” e della “teoria cospiratoria della società” 

Da siffatte premesse segue la distruzione del costruttivismo, vale a dire della teoria secondo la quale “l’uomo, dato che ha creato egli stesso le istituzioni della società e della civiltà, deve anche poterle alterare a suo piacimento in modo che soddisfino i suoi desideri e le sue aspirazioni”. Per i sostenitori della tradizione costruttivistica (o “scientista” o “razionalista”) tutti gli eventi sociali e tutte le istituzioni sociali e i loro mutamenti sarebbero risultati di piani intenzionali, di progetti pensati, voluti e realizzati. Senonché, l’inevitabile (teoricamente) ed effettiva (storicamente) emergenza delle conseguenze inintenzionali mostra che non tutti gli eventi e le istituzioni (anche di primaria rilevanza sociale) sono nella loro genesi e nella loro trasformazione o scomparsa frutto di piani intenzionali. E il crollo del costruttivismo trasporta con sé il crollo di quella forma accentuata di costruttivismo che è l’utopismo; e, simultaneamente, mostra la falsità di quella che Popper ha chiamato la teoria cospiratoria della società.

Se tutti gli eventi e le istituzioni sociali sono esiti di piani intenzionali (questo è, appunto, il costruttivismo), allora gli eventi sociali negativi (sommosse, carestie, inflazione, ecc.) non possono non essere che risultati di malvagi progetti intenzionali architettati da perfidi cospiratori (e questa è la teoria cospiratoria della società). Ora, però, se l’inevitabile emergenza delle conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali devasta la teoria costruttivistica, tale consapevolezza mostra anche l’inconsistenza della teoria cospiratoria della società, nel senso che non tutti gli eventi sociali negativi sono esiti di piani intenzionali, di cospirazioni ordite da persone male intenzionate. Come ammonisce il buon senso, istruito dall’esperienza di generazioni e generazioni, di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. E resta il fatto che, in nome della teoria cospiratoria, è stata commessa un’infinità di delitti e sono state inflitte tante sofferenze evitabili: processi agli “untori”, la inesausta ricerca di “capri espiatori”, la caccia alle “streghe”, son tutti exempla quae docent

 

Prof. Heinz Kurz

Universität Graz 

The paper discusses the contributions of major "Austrian" economists to the theory of value and distribution and to the theory of economic development and business cycles. The authors discussed are Carl Menger, Eugen von Boehm-Bawerk, Joseph Alois Schumpeter and Friedrich August von Hayek. The first part of the paper deals with Menger's subjectivist approach to the theory of value. Then, in part 2, we shall turn to Boehm-Bawerk's theory of capital and interest. In part 3 we shall assess Schumpeter's analysis of economic development and cycles. Part 4 uses the findings of the previous parts to come to grips with Hayek's monetary overinvestment theory of business fluctuations. The paper focuses attention on elements that are common to the contributions under consideration and on specific differences between them. An attempt is made to assess the importance of the contributions of the Austrian economists in terms of the survival of some of their ideas in contemporary economics. 

 

Jack Birner

Facoltà di Sociologia, Università di Trento

University College Maastricht

 

Il programma di ricerca di Hayek 

La vita scientifica di Friedrich August Hayek coincide con la maggior parte del ventesimo secolo; il suo primo contributo risale al 1920, l’ultimo libro di Hayek fu pubblicato nel 1988. Nel 1974 egli ottenne il premio Nobel in economia; però, la sua opera comprende moltodi  più dell’economia politica,  incluse la teoria dell’equilibrio generale intertemporale, dei cicli congiunturali, del capitale, la teoria monetaria e la critica della pianificazione centrale. Altri suoi contributi variano dalla psicologia cognitiva e la filosofia della mente all’epistemologie delle scienze sociali, dalla teoria e la filosofia politica e sociale alla teoria e la filosofia del diritto, dalla storia del pensiero, alla storia economica. Questa varietà, assieme al fatto che Hayek discusse con i più influenti intellettuali del ventesimo secolo, lo colloca tra i più grandi teorici dell’epoca. L’autodefinizione che Hayek dà di se stesso come un tipo di pensatore che, senza essere guidato da una visione unica, cerca la sua strada a tastoni, potrebbe suggerire che i suoi contributi in tutti questi ambiti scientifici così diversi non siano legati tra di loro. In retrospettiva, però, si lascia distinguere una  dinamica interna sistematica, che guidò lo sviluppo del suo pensiero. Infatti, la sistematicità del procedimento di questo grande teorico in ogni sua ricerca giustifica il parlare del suo programma di ricerca. Il mio contributo propone uno strumento, dovuto a Karl Popper, per analizzare programmi di ricerca. Questo verrà successivamente applicato allo sviluppo dell’opera di Hayek. Infine, indicherò che il programma di ricerca di Hayek contiene ancora molti elementi che si prestano ad un ulteriore sviluppo. La conclusione sarà che questo autore può essere caratterizzato come sconfinante (“grenzüberschreitend”) anche la cesura tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. 

 

Prof. Viktor Vanberg

Universität Freiburg

 

Hayek und die Freiburger Schule 

Gegenstand dieses Beitrages ist das Verhältnis Hayeks zu der von Walter Eucken begründeten „Freiburger Schule“. Hayek, der von 1962 bis 1969 in Freiburg lehrte und dort von 1977 bis zu seinem Tod 1992 lebte, hatte langjährigen freundschaftlichen Kontakt zu Eucken bevor dieser 1950 verstarb. In seiner Freiburger Antrittsvorlesung von 1962 nannte Hayek es als sein ausdrückliches Ziel, „die Überlieferung aufzunehmen und fortzuführen, die Eucken und sein Kreis in Freiburg und in Deutschland geschaffen haben.“ Der die beiden liberalen Ökonomen offenkundig verbindenden Geistesverwandtschaft zum Trotz ist von manchen Autoren die These vertreten worden, dass zwischen den Ordoliberalismus Euckens, der auf die bewußte Gestaltung der institutionellen Rahmenbedingungen von Märkten abstellt, und dem evolutionären Liberalismus Hayeks, der sich kritisch gegen die Wissensanmaßung konstruktivistischer Bemühungen zur Gesellschaftsgestaltung wendet, ein systematischer Konflikt besteht. Diese These soll einer näheren Prüfung unterzogen werden.

Oggetto della presente memoria è il rapporto tra Hayek e la “Scuola di Friburgo” fondata da Walter Eucken. Hayek che dal 1962 al 1969 svolse attività di insegnamento a Friburgo dove visse dal 1977 sino alla sua morte nel 1992 era stato legato da lunga  amicizia con Eucken prima della scomparsa di quest’ultimo nel 1950. Nella sua prolusione in occasione dell’assunzione della cattedra di Friburgo nel 1962, Hayek dichiarò come suo scopo esplicito “riprendere e portare avanti la tradizione creata da Eucken e dalla sua cerchia a Friburgo e in Germania”. A dispetto dell’affinità spirituale che legava palesemente i due economisti liberali, diversi autori hanno sostenuto la tesi secondo cui tra l’ordoliberalismo di Eucken, impostato sulla costituzione intenzionale di condizioni quadro istituzionali dei mercati, e il liberalismo evoluzionistico di Hayek che si oppone criticamente alla pretesa di conoscenza degli sforzi costruttivistici tesi alla costituzione della società, vi sia un conflitto sistematico. Tale tesi va sottoposta in questa sede a un esame più approfondito. 

 

Prof. Erich Streissler 

Wien 

SCHUMPETER – HAYEK: Ein Vergleich 

Das Werk F. A. von HAYEKs wird gerade auf dem Hintergrund der mit ihm konkurrierenden Arbeiten des weit älteren J. SCHUMPETERs deutlich.

Dabei arbeiteten HAYEK und SCHUMPETER lange parallel, bis erst am Ende seines Lebens SCHUMPETER eine zu HAYEK deutlich entgegengesetzte Position einnahm: Er glaubte an den unabwendbaren politischen Sieg des Sozialismus, während HAYEK in „The Road to Serfdom“ – mit prophetischen Argumenten, die schließlich im Kerne richtig blieben – vor diesem warnte. Parallel hingegen waren die Gedanken beider zur Innovation (deutsch: Neuerung). Nur meinte SCHUMPETER, diese werde von wenigen Pionierunternehmen getragen, die große technische Sprünge verwirklichten, während HAYEK stete Neuerung in vielen kleinen Schritten durch so gut wie alle Wirtschaftstreibende ortete. Parallel war auch die Argumentation zu Bankkrediten: Beide sahen in diesen den Motor der wirtschaftlichen Veränderung, SCHUMPETER freilich zum ökonomischen Fortschritt, HAYEK hingegen zum Übel der Konjunkturschwankungen.

L’opera di F.A. von HAYEK risulta particolarmente chiara sullo sfondo delle opere concorrenti di J. SCHUMPETER, molto più anziano di lui. Va ricordato che i due Autori hanno lavorato per lungo tempo in parallelo, fino a quando verso la fine della sua vita SCHUMPETER  assunse una posizione nettamente contrapposta a quella di HAYEK. Egli credeva nel trionfo politico ineluttabile del socialismo, mentre HAYEK in “The road of serfdom” metteva in guardia da questo sulla base di argomentazioni profetiche che in fondo nella loro essenza continuano a rivelarsi corrette. Le idee dei due studiosi relative all’innovazione (in tedesco:Neuerung) si muovevano invece in parallelo. Ma mentre SCHUMPETER sosteneva che essa veniva portata avanti da poche imprese pionieristiche che realizzavano grandi progressi tecnici, HAYEK vedeva l’innovazione in molti piccoli passi realizzati praticamente da tutti gli attori economici. Parallele erano anche le considerazioni relative ai crediti bancari: entrambi vedevano in questi il motore del cambiamento economico - SCHUMPETER ovviamente ai fini del progresso economico, HAYEK, per contro, a detrimento delle fluttuazioni congiunturali.

LA PUBBLICAZIONE DEGLI ATTI E’ IN CORSO DI PREPARAZIONE